L'estate "dentro"

Xenoi (stranieri)

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«Ogni [terra] straniera è loro patria e ogni patria è [terra] straniera».  Con queste parole un – molto discusso – testo dell’antichità (La lettera a Diogneto 5,6) descriveva la relazione tra i cristiani e il mondo del loro tempo. E chissà, forse – probabilmente in modo diverso – anche del nostro.

La parola chiave è chiaramente l’aggettivo «straniero». Che assume due significati differenti all’interno della medesima (breve) frase. Da un lato indica tutti i «paesi» che sono “estranei” rispetto alla nascita/identificazione culturale di un cittadino. Dall’altro indica la «condizione» che ogni cittadino – in questo caso il cristiano – ha nei confronti di ogni paese.

«Luogo» e «condizione» sono – in questo caso – le due coordinate che connotano lo stare. Con una differenza: il primo “definisce” il soggetto dal punto di vista del luogo, il secondo definisce il soggetto dal punto di vista di se stesso. In parole semplici: si può essere stranieri perché considerati tali dagli altri. Oppure per convinzione personale. E non è detto che le due declinazioni – pur espresse con la medesima parola – significhino la stessa cosa. Anzi, sembrerebbe proprio il contrario.

 

Chissà, forse una domanda interessante da cui partire potrebbe essere quella di scoprire la relazione che esiste tra queste due declinazioni. Per iniziare, però, bisognerebbe ben definirle entrambe.

 

Un aiuto, questo, a ragionare sulla complessità della realtà. E su quanto le parole che usiamo – anche quando usate in modo corretto – non riescano a restituirla mai completamente. Per questo, prima di provare ad “ingabbiare” qualcuno (un estraneo) con un parola (e una posizione), bisognerebbe innanzitutto accoglierlo. Cioè – per essere ancora più espliciti – volergli almeno un po’ bene.

 

Una cosa però è evidente: essere «straniero» non ha a che fare semplicemente con la nascita – sarebbe banale – ma interseca coordinate ben più ampie. La vera «casa» non è circoscritta da confini geografici, ma da «pareti interiori». Quelle che sanno di intimità. Quelle che poi delimitano l’ampiezza del cuore. O meglio, la sua «sete».

 

Guardando per bene – ma proprio per bene – a questa sete possiamo dire veramente di essere «estranei»…?

Emmanuel Albano

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