L'estate "dentro"

DIMENTICARE

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Restare nella relazione, riconoscere l’altro come parte di sé, perdonare, sono tutte azioni che custodiscono l’altro nel cuore. Ma non basta. È necessaria un’azione condivisa che aiuti la riparazione del rapporto.

 

Se finanche un’azione di violenza rende due persone in qualche maniera “prossime” (difficile a credersi ma è così), questo non significa, tuttavia, che tale prossimità instauri una relazione positiva. La qualità della relazione è restituita dalle risposte delle persone coinvolte. Il perdono fa una parte: dà voce alla consapevolezza della fraternità e al desiderio di non smarrirla. Ma il perdono riguarda la parte offesa. Ad esso devono corrispondere le scuse della parte dell’offensore.

 

Senza il riconoscimento del male da parte dell’offensore – come azione e come consapevolezza del danno alla fraternità – la riparazione/ricostruzione della relazione resta incompleta. Si tratta – a ben guardare – della prassi della confessione che illumina anche i nostri rapporti. Gesù ha già perdonato ogni nostro peccato dalla croce. Al posto di giustizia egli chiede perdono. Ed è per questo gesto grandioso che è possibile riceverlo. Da quel momento Egli attende con profondo desiderio il pentimento e le scuse. E non per ripicca, quanto per il grande desiderio di recuperare la relazione guastata. Questo produce la vera riconciliazione: il movimento delle due parti che superano il male e si ricongiungono pienamente.

 

È per questo che l’apostolo Paolo, nella sua eccezionale esperienza di Gesù, può dire ai Corinzi «noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20).

 

Questo atteggiamento ha però un presupposto che impariamo sempre da Paolo: «È stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione» (2Cor 5,19). Per procedere alla riconciliazione e offrire il perdono è necessario non «considerare», non «ragionare», non «parlare» delle colpe. Parlare le riporta in vita, le rende presenti e ne fa un ostacolo ai movimenti di perdono e scuse.

 

Proprio per questo il verbo necessario della relazione è dimenticare. Saperlo fare è atto di amore. Distrarre lo sguardo dalla colpa è momento necessario per la crescita di ogni relazione. Un cuore che è capace di dimenticare il male ricevuto è un cuore che sa amare. Tanto. Anche l’imperfezione.

Emmanuel Albano

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