L'estate "dentro"

Tacere

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La parola italiana silenzio trova la sua radice di significato nel latino silere, che fa riferimento all’azione di tacere. Fare silenzio significa sostanzialmente sottrarre – sottrarsi – alle voci e ai rumori. Chi lo fa ne avverte la necessità. Questo può avere diverse ragioni, che possono esser indagate anche soltanto dal significato dei diversi verbi che anticamente ne connotano l’azione.

 

Prendiamo per esempio la lingua greca. Essa ha diversi verbi per esprimere il tacere. Siopáo indica un silenzio conseguente all’azione del tacere, potremo definirlo anche solo esteriore, acustico. Sigáo invece indica un silenzio che può assumere il significato del segreto, e dunque della volontaria sottrazione della parola ad alcuni. Entrambi sottolineano – con intensità diversa – una omissione l’atto della comunicazione.

 

Anche la lingua latina testimonia significati simili con taceo – corrispettivo di sigáo – e sileo, che ha a che fare con un atteggiamento interiore di quiete. Quest’ultimo significato – che è reso anche dalla parola greca hesuchia – ci avvicina ad un silenzio che non è in contraddizione con la comunicazione. Anzi, ne è addirittura propedeutico. La quiete è infatti l’atteggiamento migliore per ascoltare. Se stessi e egli altri.

 

A partire proprio da questo ultimo significato bisogna chiedersi perché si cerca la quiete. Chi cerca il silenzio è sensibile alle parole e ai rumori. Perché si accorge che parole e rumori gli entrano dentro. E spostano cose. E non sempre fanno bene. Così qualche volta tacere è semplicemente fare ordine.

 

Qualche altra volta tacere è segno di ricerca interiore. Chi tace sta cercando. Innanzitutto dentro di sé. E se – cercando cercando – si abitua a frequentare con onestà la verità di sé è condotto da dentro. Direi «condotto» perché nessuno conosce veramente se stesso senza una relazione. Per questo anche la conoscenza silenziosa di sé avviene in una relazione. E così, quando si è diventati abbastanza familiari con la propria interiorità si scopre non solo sé, ma anche il volto dell’Altro, di Colui che tiene in piedi questa relazione.

 

Ogni uomo ha bisogno nella vita di persone che ci aiutino a fare silenzio. Che aiutino a cominciare questo cammino interiore e perseverare in esso. Che favoriscano il dialogo con se stessi. Mi piace ricordare in tal senso uno dei primi martiri cristiani – il vescovo Ignazio di Antiochia – che scrivendo ai cristiani di Efeso diceva: «chi possiede veramente le parole di Gesù può ascoltare anche il suo silenzio (ἡσυχίας)» (Ef 15,1). Chi ha imparato a frequentare Gesù sa stare con il suo silenzio. Perché il suo silenzio continua a mostrare se stessi e la Sua presenza. Chi è in cammino può veramente – dice ancora Ignazio – «operare per mezzo della parola e farsi riconoscere per mezzo del silenzio (σιγᾷ)». Le sue parole saranno dialogo, come anche il suo silenzio!

Emmanuel Albano

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