L'estate "dentro"

LA VERITÀ: IL CAMMINO VERSO…

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È fatto ormai risaputo che qualsiasi esperienza che viviamo è tradotta in attività dei circuiti neurali che producono modificazioni strutturali e funzionali nel cervello. La vita cambia il nostro cervello a livello molecolare -nella variazione di neurotrasmettitori o i fattori neurotrofici – e a livello cellulare, con la nascita di nuovi neuroni (neurogenesi) o nuove cellule gliali (gliogenesi), con il potenziamento dell’apparato circolatorio cerebrale (angiogenesi) e delle sinapsi (sinaptogenesi).

 

Non c’è bisogno di aggiungere che questi fattori modificano il nostro modo di comprendere la realtà. La filosofia, la scienza del linguaggio o l’antropologia hanno riconosciuto e spiegato queste modificazioni con la diversificazione di categorie di pensiero e di linguaggio o sociali che connotano – spesso in maniera assai variegata – ogni uomo di ogni tempo e luogo. Ma al di là di come definiamo tali modificazioni, resta il fatto che le nostre esperienze possono avvicinare o allontanare la reale comunicazione.

 

È questo il motivo per cui spesso capire un altro significa andare oltre se stesso, oltre il proprio schema di pensiero. Oltre le strutture consolidate del proprio cervello. Il che significa in parole semplici una cosa sola: accettare un evento – il dialogo – che nell’avvenire ci trasforma. Accettare di essere trasformato. Su questo vengono in mente le parole di un grande giornalista – Sergio Zavoli – che ricordava: «se informi, parli per un altro; se comunichi, parli con un altro. Che cosa ne deriva? Che se ti parlo, perciò stesso ti cambio; e così è di me, quando sei tu a parlarmi. Non si esce mai indenni da un dialogo».

 

Ma qual’è la disposizione ultima di questa accettazione? Accettare di essere trasformato per incontrare l’altro. Accettare di far fatica pur di accogliere quanto egli è. L’unica disposizione per il dialogo è l’amore. Perché è l’unica forza che produce una disponibilità al sacrificio per l’altro, andando oltre il principio di autoconservazione. Da questo punto di vista Donald Davidson, ha formulato il principle of charity secondo il quale l’amore è elemento fondante di un’autentica attività interpretativa. Ma l’amore è questione di cuore, non di cervello…

 

Così, i nostri ragionamenti personali e parziali non potranno che filare sempre liscio, perché frutto di una reale logica. Logica, però, parziale e legata all’esperienza personale. Per uscire da essa – e ampliarla – abbiamo bisogno di incontrare le «logiche altrui». Presupponendo che la nostra non sia l’ultima. E desiderando almeno un po’ di amore per il nostro interlocutore. Lo diceva duemila anni fa Paolo di Tarso, un uomo che aveva fatto un’esperienza speciale dell’Amore, esortando: «viviamo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso…».

Emmanuel Albano

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