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Gaetano Serafino: il guardiano del faro Borbonico

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faro borbonico bari

Figlio d’arte, “Ninni il piccolo” è il guardiano del faro Borbonico del Porto di Bari

La città di Bari come la conosciamo adesso, con una forte vocazione commerciale e turistica, deve molto al mare. Ed è proprio per il suo essere una città marinara che non può prescindere dall’avere un luogo protetto dove attraccare le navi, quel «porto sicuro» che è diventato anche luogo metaforico prezioso per il nostro muoverci dentro la vita. Uscendo dalla metafora e tornando alla concretezza della forma urbanistica della città, molto si deve ai Borboni, che hanno fortemente voluto e promosso la realizzazione del Porto Commerciale. E altrettanto, se non di più, bisogna ringraziare tutti i guardiani dei fari, che hanno prestato e prestano tuttora servizio nel porto e che hanno permesso alle imbarcazioni, nel corso delle varie epoche, di attraccare in acque calme anche con il mare in tempesta. Il faro che segnala l’ingresso di un porto rappresenta un riferimento sicuro anche per le navi dotate di sistemi Gps modernissimi, che permettono la navigazione nelle ore notturne in totale tranquillità: la vista del faro muove nei capitani di queste imbarcazioni un vero e proprio sospiro di sollievo. La sicurezza che il faro rappresenta per chi va per mare è legata a quelle luci costantemente accese. E quelle luci sono il cuore della responsabilità del guardiano del faro, il cui lavoro non conosce tregua, né riposo notturno o festività: il suo lavoro consiste nell’avere estrema cura che quelle luci non si spengano mai.

In questo articolo vi racconteremo la storia di uno di questi eroi quotidiani, Gaetano Serafino, guardiano di fari e del Faro Borbonico del Porto di Bari tanto caro alla città vecchia.

Si potrebbe dire che Gaetano sia figlio d’arte, in quanto il padre Michele prestò anch’egli servizio come guardiano del faro. Vi racconteremo della preziosità del Faro Borbonico e di due generazioni che hanno vissuto con il mare e per il mare.

faro borbonico bari

La vita di Gaetano, soprannominato Ninni piccolo, inizia proprio nel Faro Borbonico del Porto di Bari quando la famiglia vi si trasferì nel 1955. Quando si parla dei fari, siamo soliti immaginarne di alti e maestosi, collocati al centro di isole che si trovano in mezzo al mare. In questo caso, si tratta di un faro dalla forma bassa e tozza, tondeggiante e svasata per contrastare il mare. La luce, rossa e fissa, segnala il lato sinistro dell’ingresso del porto. Una delle prime cose che la storia di Ninni piccolo ci ha insegnato è che non esistono soltanto quei fari che con la loro luce intermittente indicano i vari porti o punti pericolosi in mezzo a mare: ogni porto, infatti, è dotato di altri due fari, più piccoli, o luci di segnalazione, che segnano l’ingresso del porto stesso, una soglia composta da una luce di colore rosso e una di colore verde, in modo da indicare e favorire sia l’ingresso che l’uscita. Oggi al loro posto spesso troviamo semplici luci montate su alti pali.

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Il Faro Borbonico, di cui vi raccontiamo, è classificato di V ordine e fu costruito nel 1887 dalla “Lepant e Fils” di Parigi, che utilizzò le maestranze locali dell’impresa di Vincenzo Storelli. Il faro venne realizzato per sostituire il precedente faro galleggiante sistemato davanti al molo dalla fine del 1859, che fin da subito si rivelò tanto inadeguato al compito per cui era stato fabbricato, che nel 1879 un mercantile a vela “Clotilde” si schiantò, spinto da una tempesta, sugli scogli del molo.

La struttura dell’attuale faro è fra le poche originali; ed ha resistito ai numerosi eventi tragici accaduti nel porto, fra tutti il bombardamento da parte dei Tedeschi del dicembre del 1943 e l’esplosione del piroscafo battente bandiera americana Henderson nel 1945.

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La base bassa e tondeggiante del faro è composta da lastroni di pietra curvati ed è solcata da finestroni ovali su tutto il perimetro. Al di sopra di essa è posta una torre, alta una decina di metri, che inizialmente conteneva un fanale Bordier-Marcet. Anche quest’ultimo fu sostituito con un fanale più potente, lenticolare a sospensione, della ditta Sautlen & Lemonnier. I fanali erano istallati nel torrino superiore a forma di esagono regolare con ampie vetrate. Sempre nel torrino superiore, da un’angusta porticina, non più alta di 60 cm, si accede alla balconata circolare protetta da una ringhiera bianca. La vista dalla balconata spazia sull’intero Porto e, nelle giornate più limpide, volgendo lo sguardo verso l’uscita delle navi, si può intravedere il profilo delle montagne del Gargano. In cima al torrino è collocata una copertura circolare, sormontata una banderuola segnavento.

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In questo faro, Ninni piccolo trascorse la sua prima infanzia. La famiglia Serafino, infatti, si era trasferita a Bari dalla Calabria, dove Michele, il padre, aveva prestato servizio presso il faro di Isola Capo Rizzuto (Kr). Qui Gaetano, appena nato, viveva con la sorella Domenica di 2 anni, il fratello Antonio di un anno e mamma Gaetana. La loro casa si trovava esattamente accanto al Faro Borbonico: era una costruzione di un piano, che seguiva la linea del molo, divisa da una piccola aia, dove mamma Gaetana si prendeva cura delle galline, e subito dopo i magazzini del porto. L’infanzia di Ninni piccolo dei suoi fratelli e sorelle e degli altri bambini che frequentavano il porto fu un’infanzia come molte altre, vita di famiglia, pranzi coi parenti e giochi per strada, in un tempo scandito dai ritmi del mare. Nel 1961, la famiglia, alla quale si era aggiunta l’ultima nata, Caterina, si trasferì sull’isola di Sant’Andrea a Gallipoli (Le).

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Nell’immaginario comune, la vita del figlio di un guardiano del faro si porta dietro un’aura di solitudine e sacrifici, ma nella realtà di Ninni piccolo le cose andarono molto diversamente. Sull’isola c’erano sette bambini di età diverse, figli di Michele e del collega, che avevano trasformato l’intera area in un vero e proprio parco giochi con tanto di spiaggia personale.

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Oggi Gaetano ci racconta: «La prima volta che sono salito sulla lanterna di un faro avevo sei anni, con papà che mi faceva sedere sull’ottica rotante come se fosse una giostra. Mi sentivo importante, guardando il mare infinito da un lato e il paese così lontano dall’altro: non solo abitavo in un faro ma anche su un’isola». Gli occhi di Gaetano sono ritornati quelli di Ninni piccolo, con un bagliore languido in cui ancora oggi scintilla la vivacità della gioventù trascorsa. Il suo racconto prosegue: «Il primo anno di scuola avevamo una maestra fissa che viveva con noi sull’isola per tutto il periodo scolastico, ma dal secondo anno ci fu assegnata una maestra pendolare, ed era proprio nei giorni di mare grosso che si gioiva per la lezione che saltava». Al faro le responsabilità del padre di Ninni piccolo, Michele, erano molteplici.

Bisognava salire più volte durante il giorno fino alla lanterna per «dare la carica» al meccanismo rotante, quasi fosse un orologio.

Nei giorni di freddo e mare grosso i giochi venivano spostati all’interno dell’edificio, con il panorama che cambiava radicalmente. «Il grigio delle tempeste, però, non mi ha mai spaventato, anzi ero attratto dal moto impetuoso delle onde e dalle nuvole che si spostavano nel cielo», aggiunge Gaetano. Nel 1970 la famiglia ritornò a Bari e si trasferì nuovamente e definitivamente al faro di Punta San Cataldo. A Bari Michele lavorò fino al 1987, l’anno del suo pensionamento. Gaetano, nel frattempo, intraprese gli studi tecnici e, nel 1978, partecipò, vincendolo, al concorso come assistente tecnico nautico. Lasciò la casa del faro di San Cataldo per i sei mesi di addestramento, per diventare anche lui un guardiano dei fari. Gaetano ci racconta, ricordando il padre: «dopo la pensione non è mai andato via dal mare, ha comprato una casetta vicino al faro e già dalle sei del mattino era lì a curare l’orto, a dare una mano per qualche piccola faccenda o anche solo per una semplice passeggiata nel giardino della casa del faro. Non è mai riuscito a staccarsi completamente dal suo vecchio lavoro, come non è mai riuscito a separarsi dal mare, fino a quando una malattia lo ha costretto a letto».

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Nel 2009 Michele morì, senza riuscire a vedere quella che per lui era sempre stata la sua vera casa, il Faro Borbonico, ristrutturato e riportato al suo antico splendore. Nel 2019, infatti, il Comune ha ristrutturato l’intero edificio e lo ha affidato all’associazione culturale «Mar di Levante», presieduta da Elisa Cataldi, che organizza mostre ed eventi culturali. Considerata la prossimità con il Terminal Crociere, il Faro Borbonico è il primo monumento della Bari ottocentesca che il turista approdato in città può visitare. Con la sua luce rossa il Faro Borbonico continuerà a segnalare l’ingresso del Porto di Bari e, con i suoi 136 anni di storia, seguiterà a raccontare di una città in evoluzione.

Testo e Foto di Valeria Genco e Mimmo De Leonibus

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