L'estate "dentro"

Careviger

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Fece scalpore negli anni ’40 del secolo scorso un’esperimento di uno psicanalista austriaco (René Spitz) sui bambini ospedalizzati con deprivazione della figura materna. Detto con parole semplici, l’assenza di caregiver produceva – nonostante la ricezione di cure alimentari ed igieniche adeguate – la morte di circa un terzo dei neonati prima del compimento di un anno e l’insorgere di segni di grave ritardo, sia fisico che psicologico, in molti altri.

 

Tante altre osservazioni nel tempo hanno restituito – qualora ce ne fosse stato bisogno – l’evidenza scientifica che l’uomo – bimbo o adulto che sia – vive innanzitutto di relazione. Cioè di cura, attenzione, affetto, calore, presenza. Parole. Insomma amore. Chi ha tutto ma manca di questo, vede impotentemente la propria vita perdere il suo senso. E inesorabilmente dileguarsi.

 

Eppure chi non sa questo? Non nascondo il pungente disgusto nel constatare come il mondo in cui viviamo – il “mio” mondo – abbia relegato a superflua (e dunque inutile) “spiritualità” quella sapienza di vita che ha sostenuto per millenni la nostra civiltà. E più generalmente le nostre civiltà. Quelle sulle quali noi camminiamo oggi. Sostituendo quest’ultima con tanto superfluo. Salvo poi colpevolizzare – ipocritamente – gli inevitabili effetti di chi cade nell’inganno da lui stesso perpetrato!

 

Più che protestare “moralizzando” – dannosamente e quasi sempre erroneamente – oggi il bisogno è vivere secondo questa sapienza. Secondo questo amore. Cioè fare, agire, muoversi, decidere. E mostrarlo. Ed è indispensabile – assolutamente indispensabile – trovare risoluti compagni di strada.

 

Quel bambino è ognuno di noi.

Emmanuel Albano

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