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Mirko Signorile: «Nella musica trovo tutto»

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mirko signorile

Francesco Del Grosso ha intervistato il pianista e compositore barese Mirko Signorile, tra i più apprezzati della scena musicale internazionale

Ci sono musicisti le cui note riescono a trasportare l’ascoltatore in una dimensione “altra” e surreale, difficile da descrivere e sintetizzare con una manciata di parole. Una dote rara che appartiene a pochi e tra quei pochi figura il pianista compositore Mirko Signorile. Il poliedrico artista barese classe 1974 si è formato al Conservatorio “N. Piccinni” della sua città natale, laddove ha preso il via una straordinaria carriera che lo ha portato a esibirsi sui palcoscenici di tutto il mondo, a collaborare con importanti colleghi del panorama internazionale e a firmare numerosi progetti discografici. Il suo pianismo onirico si muove senza soluzione di continuità in bilico tra jazz, minimalismo e musica per immagini, accompagnando il fruitore in un viaggio musicale fatto di sonorità elettroniche ed acustiche che incantano ed emozionano. Ed è proprio alla scoperta del suo essere musicista e del suo stile così intimo e personale che ci siamo avventurati in questa intervista a tuttotondo.

Da dove proviene la passione per la musica e quando ha capito che sarebbe diventata parte integrante del suo percorso di vita e professionale?

In casa dei miei genitori si ascoltava molta musica. C’erano spesso occasioni di convivialità in cui si ballava e si cantava. Mio nonno amava la musica lirica, mio padre amava la musica per pianoforte. Quando avevo tre anni, i miei acquistarono un pianoforte verticale. Qualche anno dopo ho preso le prime lezioni e da lì è stato un percorso fatto di piccoli passi, di piccoli e grandi sforzi. Ho deciso di diventare un professionista all’età di sedici anni quando mi fu chiaro che la scuola superiore ad indirizzo commerciale che stavo frequentando non mi appagava quanto la musica. Le esperienze con le prime band e i concerti mi hanno fatto capire che volevo essere musicista, suonare davanti ad un pubblico, studiare e ampliare le conoscenze, raffinare il mio sapere.

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Come si definirebbe musicalmente?

Ogni fase della mia vita artistica può essere definita in un certo modo. Le
sperimentazioni del primo disco “In Full Life” avevano una linea che guardava alla contemporaneità del jazz, con molto free. Oggi sento di esprimermi attraverso un linguaggio tonale, più lirico, che mischia sonorità che provengono non solo dal jazz ma anche dalla classica, dal rock, dal pop. Il lirismo e la scrittura tonale sono tratti distintivi della mia musica. Cerco ogni volta di infondere all’interno dei miei brani una narrativa chiara ed intelligibile. Mi piace pensare che è come una storia da leggere. Da questo punto di vista, mi sento molto vicino agli scrittori e ai poeti.

Quando Mirko Signorile si siede al pianoforte e inizia a comporre? Qual è la scintilla che innesca il suo processo creativo e quali sono le fasi che lo caratterizzano?

Alcune volte mi siedo ed inizio a suonare qualsiasi cosa ho voglia di suonare. Spesso musica classica o standard jazz. E succede che mi arriva un’idea, improvvisa, non cercata. E da lì parte il viaggio compositivo. Prendo il cellulare e inizio a registrare. Poi magari riascolto dopo un po’, anche dopo qualche giorno o mesi dopo, e se ancora mi piace ci lavoro per raffinarlo. Altre volte, ancor prima di sedermi al pianoforte, sento l’urgenza di comporre. È uno stato d’animo intenso magari suscitato dal contatto con la natura, o da un discorso con un amico o con un passante, o dalla lettura di un libro. Tanti sono gli stimoli che mi suscitano qualcosa e che mi portano a comporre.

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Quali sono le emozioni che prova e la attraversano quando si esibisce dal vivo?

Le emozioni sono tante ed è difficile dar loro un nome, anche perché ai concerti mi sforzo di suonare con tutto me stesso, con il cuore, con la mente, con il corpo. E ci sono momenti in cui tutto questo stato d’animo diventa mistico e magico. La ricerca in effetti è quella di uno stato interiore in cui l’energia tra me ed il pubblico è uno scambio continuo.

Cosa secondo lei il pubblico si aspetta dalla sua musica e cosa invece lei si aspetta dal pubblico che l’ascolta?

Non so cosa si aspetta il pubblico da me, anche perché il pubblico è fatto di persone che conoscono la mia musica ma anche di persone che non la conoscono. Io mi aspetto che chi viene ad ascoltarmi riesca a staccarsi da tutto e sia disposto a vivere con me un viaggio.

C’è qualche traccia della sua terra, della Puglia e delle sue sonorità nel suo fare musica?

La Puglia con i suoi meravigliosi paesaggi, il mare, i dialetti, le sue chiese è un’ispirazione per me. Cerco sempre di tenere una porta aperta affinché tutto
questo diventi musica.

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In quale dei suoi brani o progetti discografici pensa di essere riuscito a esprimere al meglio la sua idea di musica?

Ogni disco è una storia a sé, è la fotografia di un momento. Mi piace molto riascoltarli, mi permettono di tornare indietro nel tempo e di ritrovare tutto ciò che mi ispirava. La mia attenzione è rivolta ora ad esprimere ciò che sono, una persona diversa e cresciuta.

Cosa rappresenta per lei la musica? Rispetto ai suoi esordi è cambiato il valore che ha per lei?

Gli esordi sono stati un’esplosione di gioia, energia pura e fortissima, spensierata direi. In questo senso nulla è cambiato. Poi sono arrivati momenti difficili in cui ho scoperto quanto la musica mi curava. Oggi è anche un mezzo per conoscermi e per conoscere gli altri. A tirar le somme, nella musica trovo tutto.

Con una carriera così importante alle spalle, in che stagione pensa di trovarsi dal punto di vista artistico e professionale?

La musica mi ha portato e mi porta tante domande alle quali cerco di dare risposte. Mi è sempre più chiaro quanto il mio ruolo e il mio scopo sia esprimere gratitudine per la vita e quanto sia importante vivere attimo dopo attimo la realtà. Molte sovrastrutture stanno incominciando a cadere. Sento che nella musica trovo più gioia di prima e che il pianoforte è semplicemente un mezzo per esprimere qualcosa di più grande e divino. In questo senso è un momento per me di maggiori consapevolezze e di spiritualità.

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Oggi qual è la sfida per chi fa il suo mestiere e qual è la sua sfida?

Il mestiere del musicista non è semplice. I risultati dei propri sforzi possono arrivare subito o tardi, a volte molto tardi. Bisogna avere tanta determinazione. La sfida a mio parere è artistica soprattutto. È importante cercare un proprio modo di far musica, unico e speciale. Saper interpretare i tempi in cui viviamo, ed essere in grado di utilizzare al meglio gli strumenti di promozione. Anche per me, dopo tanti anni, è la stessa sfida. È come essere sempre all’inizio, ad un nuovo punto di partenza ed una nuova gara da vincere. Farlo con gioia, con passione fa la differenza. Ci permette di godere del viaggio.

«La musica mi porta tante domande alle quali cerco di dare risposte. Mi è sempre più chiaro quanto il mio ruolo e il mio scopo sia esprimere gratitudine per la vita e quanto sia importante vivere attimo dopo attimo la realtà».

 

 

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