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ANTONIO DECARO – Bari nel cuore

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Antonio Decaro

Dopo 10 anni, il sindaco lascia, con grande rammarico, la poltrona di primo cittadino e guarda avanti.

In questa intervista parla della sua comunità, dei rimpianti, degli obbiettivi raggiunti, del futuro.
E come voto si dà solo un 7

Per molti cittadini è già il sindaco migliore di sempre e di certo in tanti lo rimpiangeranno. Abbiamo dedicato la copertina al sindaco che se ne va. Nella speranza di averne un altro che lavori in continuità con tutto ciò che ha fatto. Potete trovare questa conversazione anche sul nostro canale Youtube e sulle principali piattaforme podcast, perché con Antonio Decaro abbiamo lanciato il nuovo podcast “Amazing People”.

Sindaco è qui da quasi dieci anni e tra poco dovrà traslocare. È pronto a farlo?

Faccio parte della tappezzeria, perché in realtà sono qua da quasi 20 anni, considerando gli anni da assessore. Tra poco finisce un ciclo.

Che città lascia al prossimo sindaco?

Una città orgogliosa, con cittadini orgogliosi di essere baresi. Prima non era così. Una città cambiata dai tanti interventi di riqualificazione urbana. Abbiamo dato nuova vita ai contenitori culturali urbani. Abbiamo dato una nuova funzione a vecchi immobili che erano abbandonati come il teatro Margherita, l’ex mercato del pesce, l’ex caserma Rossani, l’ex manifattura Tabacchi. niziato anche una operazione di rigenerazione urbana di ricucitura del rapporto tra la città e il mare. Negli anni passati eravamo una città con il mare, non più di mare. E poi turismo, innovazione tecnologica, e le tante aziende che arrivano in città alla ricerca dei talenti baresi sono un motivo di orgoglio per tutti noi. Prima non ci conosceva nessuno, oggi siamo famosi grazie ai collegamenti aerei, all’Apulia film commission e ai tanti film girati in città, al lavoro di Puglia Sviluppo. Insomma siamo capoluogo di una regione che cresce tanto dal punto di vista turistico ed economico.

Dica la verità: ha sperato fino all’ultimo nel terzo mandato.

Con l’Anci siamo arrivati ad ottenere il terzo mandato per 7300 comuni su 8000: ne sono rimasti fuori circa 700. È un’anomalia tutta italiana, perché non esistono paesi europei con un limite di mandato e in Italia esiste solo per sindaci e presidenti di regione, mentre puoi fare il parlamentare per tutta la vita. Capisco che 30 anni fa la norma per l’elezione diretta dei primi cittadini metteva un po’ di paura perché qualcuno temeva una deriva autoritaria da parte dei sindaci, ma ora quella norma è anacronistica.

intervista Antonio Decaro

Una critica che le è stata rivolta è stata quella di non aver plasmato un successore. Come se lei fosse il monarca che avrebbe dovuto indicare il prossimo sindaco.

Già, come se uno arrivasse con la spada e dicesse “tu sei il mio successore”. Non funziona così. Almeno non nella mia parte politica.

E poi i candidati non mancano?

Infatti, ce ne sono tanti. E magari qualcuno pensa che sia facile fare il sindaco con successo. Non lo è, ci vuole tanto sacrificio, tutti i giorni della settimana e soprattutto nei fine settimana, quando ci sono tanti eventi cui presenziare.

Una cosa in cui ha giganteggiato in questi anni è stato l’uso dei social. Abbiamo conosciuto un Decaro diverso grazie all’uso di Facebook e Instagram?

Non lo so. Penso che la città con gli anni abbia conosciuto il Decaro vero, non mi sono mai nascosto né vergognato. Sono stato sempre quello che sono nella vita. È probabile che in alcuni periodi in cui si è creato un legame più stretto tra me e la mia comunità, penso al periodo del Covid ovviamente, abbiano conosciuto i lati meno istituzionali del sindaco. Questa è stata una esperienza umana bellissima, e pensi che io nemmeno volevo farlo il sindaco, l’ho detto molte volte. E invece ho vissuto l’esperienza umana più bella della mia vita.

Antonio Decaro intervista

Ritiene di aver esagerato in qualche occasione nell’utilizzo dei social?

Probabilmente avrei potuto evitare un rimprovero fatto ad una persona anziana durante il Covid. Una presa di posizione forte che mi era stata chiesta da alcuni cittadini preoccupati del fatto che i genitori andassero in giro in piena pandemia. Quel giorno mi ritrovai davanti ad una persona anziana che aveva ricevuto una sanzione dai carabinieri e mi chiedeva di annullarla. Gli spiegai che non lo potevo fare e che non mi sembrava giusto farlo, perché lui era uscito da casa senza autorizzazione o motivi specifici. Quell’uomo poi l’ho incontrato più volte, ci facciamo pure gli auguri per l’onomastico.

In questi anni Bari è divenuta una città turistica, ma come tutte le città che diventano turistiche in breve tempo, ci sono dei problemi da risolvere. Cosa bisogna sistemare?

Sembra una cosa assurda: in dieci anni siamo passati dal cercare i turisti al dover risolvere i problemi dell’arrivo dei turisti. Sicuramente dobbiamo offrire dei servizi migliori e in questo la tassa di soggiorno ci potrà aiutare. Contemporaneamente dobbiamo stare attenti alla gentrificazione, quel fenomeno che consiste nell’espulsione dei residenti dal centro storico e poi dai quartieri più centrali, a causa della nascita di B&B e dei prezzi in aumento. Dobbiamo stare attenti perché così gli studenti fuori sede non riescono più a trovare casa. Ma è un problema anche per i turisti che vogliono vivere l’esperienza dei residenti, sentire i profumi e i suoni veri della città…

Che invece rischia di perdere autenticità.

Si rischia di perdere l’identità, la storia e le tradizioni. Il pericolo è che diventi tutto una Disneyland, qualcosa di finto, dove i turisti incontrano solo altri turisti.

Come si può scongiurare questo rischio?

Stiamo provando, per quello che può fare un Comune, ad incentivare l’utilizzo di immobili abbandonati nelle zone di rigenerazione urbana, come il quartiere Libertà o il Carrassi. Trasformare quegli immobili in strutture ricettive con uno sgravio fiscale da parte del Comune, e in questa maniera liberare alcuni alloggi che non hanno ragione di diventare di diventare immobili per affitti brevi. Abbiamo chiesto al governo una norma, ma il Governo l’ha fatta solo per Venezia. La vorremmo per tutte le città.

Ho come l’impressione che non siete tanto ascoltati da questo governo.

Noi chiediamo solo di limitare il numero degli affitti brevi e dare la possibilità ai sindaci di stabilire la percentuale di immobili da destinare a questa forma di utilizzo.

intervista Antonio Decaro

Cosa non è riuscito a fare e per quale motivo?

Ci vorrebbe una giornata intera per dirlo…

Qualcosa che le stava a cuore.

Probabilmente migliorare la qualità del servizio di trasporto pubblico. Abbiamo acquistato 200 autobus nuovi che rinnoveranno completamente il parco degli automezzi, però non siamo riusciti ad ottenere, a causa del superamento della spesa storica, ulteriori finanziamenti dallo Stato attraverso la Regione. Pensi che quest’ultima ci dà 20 milioni di euro per sviluppare 10 milioni di chilometri. Firenze e Bologna sono grandi quanto Bari ma per questioni legate alla spesa storica le loro regioni danno a quelle città il doppio del finanziamento (21 milioni) per il doppio dei chilometri (19 milioni). Questo vuol dire tempi di attesa dimezzati.

Qual è l’errore più grande che ha commesso in questi 10 anni?

Ne ho fatti tanti. Probabilmente ho capito che non bisogna mai innamorarsi delle proprie idee. Ho fatto una pedonalizzazione in un quartiere periferico, Carbonara, pensando che sarebbero arrivati i tavolini e i negozi, invece non è accaduto e abbiamo riaperto quell’area. Quando si sbaglia una previsione il sindaco se ne accorge subito.

Ma non tutti i sindaci hanno poi l’umiltà di dire “ho sbagliato”.

Io sono al servizio dei cittadini. Se capisco che sbaglio perché dovrei ostinarmi nella scelta sbagliata?

La campagna elettorale è iniziata da un bel pezzo e il centrodestra si giocherà la carta della sicurezza, che è sempre stata un cavallo di battaglia di quella parte politica. Come risponde?

Negli anni 90 non si poteva nemmeno entrare nel centro storico. C’era una sorta di barriera sociale e tutti vietavano ai turisti o ai non baresi di entrare a Bari vecchia. Oggi vi troviamo migliaia di persone che parlano lingue diverse e passeggiano in completa sicurezza. Certo, a Bari ci sono ancora 14 clan criminali ma le forze dell’ordine e la magistratura hanno fatto e fanno un lavoro straordinario. Bisogna continuare a lavorare e tenere il tema della percezione della sicurezza tra quelli più attenzionati. Ma la paura non va cavalcata. Bisogna piuttosto aiutare i cittadini a superare quelle paure. La sicurezza non è solo presenza di polizia, telecamere, ma anche animare gli spazi pubblici, socializzare, creare aree, illuminarle, mettere le fermate dell’autobus in zone più visibili…

A proposito di temi importanti, ce n’é uno che fa incazzare un bel po’ di baresi, ed è quello del Bari Calcio. Si è pentito di aver ceduto il titolo ai De Laurentiis?

No, perché, come ricordo spesso, alla manifestazione d’interesse risultarono quelli con più competenza ed esperienza, insieme alla società di Lotito, che però aveva già una squadra in serie B. Non c’erano altre alternative. Ed è stato un percorso esaltante fino a quei 120 secondi dalla serie A, poi il gol di Pavoletti ha distrutto un sogno inseguito e sognato. Oggi ci troviamo purtroppo in una situazione completamente diversa. La squadra non gira, e il tema della proprietà è stato spostato più avanti.

intervista

In ogni caso anche oggi non si vedono alternative.
Quando eravamo ad un passo dalla serie A c’erano imprenditori interessati ad acquisire la società. Quel che è certo è che meritiamo la serie A perché siamo una città e una tifoseria da serie A.

Un anno fa in una intervista a Repubblica ha detto una frase che mi colpì molto: «L’opera pubblica di cui forse sono più orgoglioso è la mia comunità».

Si, perché anche le opere pubbliche che abbiamo realizzato le abbiamo fatte per consolidare una comunità fatta di associazioni, parrocchie, scuole che stanno insieme, si tengono per mano, animano la città. Abbiamo fatto investimenti anche immateriali, penso alle 14 reti civiche urbane, una per ogni quartiere, dove teniamo insieme i cittadini che hanno animato dal basso, dal punto di vista sociale e culturale, i nostri quartieri. È stato bellissimo vedere le persone cimentarsi con le mostre, il karaoke, la musica, il teatro. Erano i cittadini che animavano la loro comunità e gli spazi pubblici.

Cosa teme per questa città?

In realtà non ho particolari paure: Bari ha davanti un futuro in cui le condizioni economiche e sociali sono destinate a migliorare ancora. Stiamo investendo 700 milioni di fondi del Pnrr e 300 milioni di fondi europei per migliorare le condizioni di vita. Abbiamo strutturato un sistema di welfare sociale importante, con le case di comunità, il pronto intervento sociale h24, le case dei bambini e delle bambine. Sono iniziative che tengono insieme anche la parte più fragile della nostra città. Poi ci sono le aziende dell’IT che devono assumere 7000 ingegneri informatici e non li trovano. Ci sono persone che erano andate via e tornano…

Insomma le fondamenta ci sono e sembrano solide.

Siamo avviati verso un percorso in discesa.

Il lavoro di sindaco ti prende a pieno, toglie energie e tempo che bisogna sottrarre alla famiglia. Come è stato conciliare i due ruoli?

Mia figlia più piccola aveva solo 4 anni quando diventai sindaco. Per lei esiste il sindaco, piuttosto che il papà. Però devo dire che mi sono riconciliato subito rispetto all’atteggiamento di mia figlia che quando aveva 7 anni in un tema scrisse “il mio papà fa il sindaco e non passa molto tempo con me, però è anche il papà di tutti i bambini della città e quindi lo devo condividere con loro perché si occupa di tutti i bambini della città”. Però poi aggiungeva che “qualche ora la settimana, nel fine settimana, le dedica tutte a me e io sono felice”. Quel giorno sono stato felice anche io, perché ho capito che nonostante la tenera età aveva compreso che suo padre aveva un impegno più grande. E ancora oggi sto attento a ritagliarmi dei momenti in cui siamo solo io e lei. La grande invece mi ha avuto più a disposizione.

Qualcuno l’aveva invitato a candidarsi alla segreteria del Pd. Si è pentito di non averci provato?

Sono sempre stato lontano dalle vicende del partito. Non mi sono pentito perché non ci ho mai pensato, anche se tante persone e tanti sindaci me lo chiedevano. Non lo ritenevo un ruolo adatto a me, e poi avevo un impegno con la mia città.

Che voto si dà come sindaco?

Un 7.

intervista

Così poco?

Penso di essere stato un sindaco che ci ha messo tutto l’impegno possibile, anche se non sono riuscito a fare tutto. Però me ne vado con la coscienza a posto, perché ci ho provato in tutti i modi. Qualcosa l’ho sbagliata, qualcosa non sono riuscito a farla, ma l’ho fatto col cuore, ci ho messo la mia esperienza professionale, ho programmato, ho cercato risorse. Questa città è stata la mia famiglia. E lo sa.

Ha fatto il sindaco meglio o peggio di Michele Emiliano?

Come Michele Emiliano. Ho iniziato con lui. La passione per la politica e per la mia comunità è partita con lui. Mi scelse come assessore tecnico quando con la politica non c’entravo nulla e facevo l’ingegnere delle strade. È stata una bella esperienza e da lui ho imparato a rapportarmi con le persone e cercare di guardare sempre all’interesse delle persone.

Dove si vede tra 10 anni?

A fare gli ultimi anni da ingegnere delle strade e progettare qualche al- tra strada pugliese rispetto a quelle che ho progettato forse 20 anni fa e oggi vedo finalmente aperte al traffico, come la 172, la statale 96 tra Palo del Colle e Altamura, o la variante di Cerignola.

Ma da ingegnere o da presidente della Regione Puglia?

Tra 10 anni credo che avrò smesso di fare politica.

In Italia nessuno smette davvero di fare politica!

Io smetterò sicuramente, sono già grande e per la prima volta sulla nuova carta di identità hanno scritto “capelli brizzolati”. Ho ufficialmente superato la soglia della gioventù.

Ha smesso di commuoversi?

Mi capita qualche volta, è accaduto due volte, una delle quali all’ultimo discorso alla Fiera del Levante, quando ho letto la lettera alla mia città che lasciavo. E poi mi sono commosso durante il Covid, però sfiderei chiunque a finire su una strada simbolo della vitalità di Bari e ritrovarla deserta.

Antonio Decaro

Sarà un video che ricorderemo per tutta la vita.

E me lo ricorderò anche io. In quei momenti ho temuto che tutti gli sforzi fatti in 20 anni fossero andati perduti. Per fortuna non è andata così. Abbiamo superato il Covid e siamo tornati la città con tanti turisti e con un grande sviluppo economico. Siamo tornati quelli di prima del Covid.

Anche più forti.

Anche più forti, perché il Covid ci ha fatto riscoprire le piccole cose a cui non davamo più peso e che abbiamo riscoperto. Quando stai chiuso in casa ti rendi conto che fare i biscotti con i figli o preparare la pizza sono momenti importanti.

Cosa farà il giorno dopo la fine del mandato?

Non lo so. È probabile che continuerò questo mio percorso politico-amministrativo in Europa, come mi chiedono tanti sindaci del Sud, perché ci sono da difendere i fondi del Pnrr e quelli di coesione. Questa città nei prossimi tre anni ha da spendere 90 milioni di Pon Metro. Ci vuole a Bruxelles qualcuno che conosca i meccanismi e la gestione degli enti locali. Sui balneari decide l’Europa, così come su molte altre tematiche che influenzano la vita delle città.

C’è bisogno di più sindaci in Europa.

È probabile. Perché ormai è lì che si decide tutto.

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