Michele Giglio: a 21 anni ha aperto il suo primo locale. Oggi ne ha 28 e sta per inaugurare Basho Milano. La ristorazione “fusion” non è più un affare solo per cinesi e giapponesi
Michele Giglio ha 28 anni, figlio di mamma barese e padre calabrese. La ristorazione ce l’ha nel dna. E infatti sta per aprire Basho Milano, il suo settimo locale, con cui spera di emulare il successo avuto a Bari, che per lui rappresenta una grande soddisfazione e una scommessa vinta: «Aprire in Puglia è stato una sorta di ringraziamento, perché si torna sempre dove si sta bene. E poi reputo che a Bari e in Puglia ci sia una grande cultura del mangiare il pesce, così mi sono detto: se Bari apprezza il format Basho e la sua cucina, allora posso aprire in tutta Italia».
Bari ha apprezzato: «In brevissimo tempo abbiamo fatto numeri importanti, tali da farci credere ancor di più in quello che facciamo e nel nostro progetto. E così ad aprile 2022 abbiamo aperto anche a Catania».
Ma il percorso di crescita non è stato semplice: «Questo è un settore molto particolare e difficile. Io sono arrivato in Puglia senza conoscere nessuno e mettendo in pratica ciò che avevo imparato sul lavoro». Già, il lavoro. Praticamente la sua stessa vita: «Ho iniziato da piccolo, ho sempre sentito in me la volontà di fare business, ma guardando al lato imprenditoriale più che a quello economico. Volevo creare impresa, non sentivo la necessità di arricchirmi».
Basho è presente a Bari, Catania, Cosenza, Soverato, Catanzaro (due sedi) e presto aprirà anche a Milano. I locali sono eleganti e moderni. La cucina fusion mixa Brasile, Giappone e Italia, dando vita a piatti davvero intriganti
Michele Giglio ha iniziato a lavorare a 16 anni, organizzando piccoli eventi privati, poi dava una mano a sua madre nel campo delle discoteche. A 21 anni ha aperto un ristorante di carne in un palazzo antico della sua città natale, Catanzaro. Andando controcorrente: «Tutti mi dicevano di aprire in zona di mare, io invece decisi di aprire in centro, proprio perché lì non c’era nulla».
Il progetto Basho, che unisce le cucine italiana, giapponese e brasiliana, matura solo qualche anno dopo, e nasce durante un viaggio in Brasile: «Conobbi un cuoco a Rio de Janeiro. Gli dissi che volevo fare un locale diverso da quello che avevo e gli proposi di venire a lavorare con me. Lui accettò e così nell’estate del 2016, a Soverato, aprimmo il primo Basho».
L’idea era ed è quella di affiancare i sapori nudi e crudi del Giappone alla cucina extra fusion del Brasile, contaminandole con il pesce fresco italiano. Basho cerca di distinguersi anche in altro: «Abbiamo disegnato e brevettato alcuni piatti fatti con il mais, per dare un segnale di rispetto per l’ecosistema. E poi ci differenziamo anche per la cottura del riso: noi lo prepariamo giorno per giorno, e diamo in beneficenza 300 chilogrammi di riso a settimana a chiese e persone I ristoranti di Michele Giglio danno lavoro a circa 100 dipendenti, 25 dei quali solo a Bari. Ci sono già 3-4 fondi interessati al brand e allo sviluppo dello stesso in tutta Italia, ma la scelta di aprire le porte a capitali privati è rimandata: «Non mi sento ancora pronto per farli entrare. Mi piace ancora l’idea di curare il tutto in prima persona. E dopo Milano vorrei aprire all’estero».
Alla sua età, molti giovani sono ancora alla ricerca del primo impiego o magari non trascurano il divertimento. Lui invece va in giro per i suoi ristoranti, come una trottola, senza mai fermarsi. «Sono giovane e preferisco concentrare le mie energie su questo progetto, anche se mi rendo conto di aver devoluto al lavoro gli anni in cui uno dovrebbe divertirsi. Ma ho sempre
pensato che dai 19 ai 25 anni devi costruire il tuo futuro, proprio perché hai
l’energia per farlo.
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