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La Puglia prepara il dopo Emiliano

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di Oronzo Martucci

Il 25 settembre 2022 dalle urne è emerso un dato inequivocabile e neppure inaspettato: le elezioni politiche in Italia e in Puglia  sono state vinte da Giorgia Meloni, la quale a livello nazionale con la lista Fratelli d’Italia ha ottenuto il 26 per cento dei voti di lista per il Senato e in Puglia il 24,47 per cento. Tutti gli altri risultati, di tutte le altre liste, vanno interpretati e infatti c’è una corsa a ribaltare i numeri, a vedere e a far  vedere nero ciò che è bianco e viceversa. 

Però i numeri sono lì a dire quello che i sondaggi avevano rivelato da almeno due settimane: che Meloni avrebbe vinto, che Salvini era in netto calo, che anche Letta e il Pd erano in calo, che Calenda e Renzi non avrebbero raggiunto un risultato a due cifre, che Conte e il M5S erano in crescita, soprattutto al Sud, rispetto a una valutazione che assegnava al Movimento ex di Grillo il 12 per cento circa dei consensi. E infatti: il dato nazionale della lista Lega per Salvini  premier al Senato (fonte ministero dell’Interno) è dell’8,85 per cento, di Forza Italia dell’8,27 per cento, del Partito democratico del 18,96 per cento, dei Verdi/Sinistra Italiana del 3,53 per cento, di Azione-Italia Viva del 7,73 per cento,  del M5s del 15,55 per cento; il dato regionale porta in Puglia la Lega al 5,3 per cento, Forza Italia al 10,99 per cento, il Pd al 16,06 per cento, i Verdi/Sinistra Italiana al 2,78 per cento, Azione/Italia Viva  al 4,84, il M5S al 28,28 per cento.  

Se si escludono i risultati di Fratelli d’Italia (in aumento di 6 volte) e di Azione-Italia Viva (che nel 2018 non esisteva) tutte le liste hanno perso consensi a livello nazionale. In Puglia la situazione è sostanzialmente in linea con il dato nazionale, fatta eccezione per il Pd, che nel 2018  ottenne il 13,7 per cento (3 punti in  meno del 2022).

Poi le interpretazioni possono portare a sottolineare che il M5S il 25 settembre si è accreditato come il primo partito in Puglia con 28,28, e che abbia beneficiato di una campagna populista incentrata sul reddito di cittadinanza. Si tratta di due verità che vanno spiegate, perché nel 2018 il Movimento 5 Stelle ottenne in Puglia il 45 per cento e nell’ultima campagna elettorale il leader Conte ha  certamente sostenuto con forza il Reddito di cittadinanza, ma anche una serie di altre misure e proposte programmatiche accreditando il Movimento come un punto di riferimento dei meno abbienti, degli imprenditori che si aspettano il superbonus edilizia, dei giovani. Il problema è che Conte non spiega mai in che modo si possano finanziare bonus, superbonus e Reddito di cittadinanza. Però, presidia il campo che una volta era della sinistra. Per gentile concessione del Pd, che ha abbandonato quel campo.

In Puglia il risultato ottenuto (28 per cento) porterà il M5S a rafforzare la sua presenza nelle attività di governo della Regione, tant’è che subito è stata rivolta al presidente della Regione Michele Emiliano la richiesta di un assessorato di maggior  peso rispetto a quello al Welfare ottenuto dopo le elezioni del 2020. Magari  un assessorato  riconoscibile sul territorio nella fase di gestione dei fondi della nuova programmazione europea. 

Emiliano ha ribadito che  il Pd avrebbe vinto le elezioni se il segretario Enrico Letta avesse sostenuto il campo largo con tutti nella coalizione, da Azione al M5S. E ha aggiunto che il Pd nel 2018 ottenne in Puglia appena il 13,7 per cento e che la coalizione con dentro il Pd e il Movimento 5 Stelle in Puglia insieme hanno ottenuto nella Regione il 50,45 per cento. Al contrario il sindaco di Bari Antonio Decaro ha sottolineato  con toni duri  che il Pd è stato sonoramente sconfitto in Italia e in Puglia e che va ricostruito il rapporto con gli elettori mettendo in calendario anche una battaglia per il ritorno alle preferenze, per evitare che i parlamentari possano continuare a essere scelti dai capicorrente. In Puglia gli eletti del Pd sono stati scelti da Emiliano che al Pd non è neppure iscritto, perché il governatore aveva promesso a Letta di portare in dote 100mila  voti delle liste civiche che  con lui hanno condiviso la campagna delle regionali del 2020.  Quei voti, tuttavia, non risultano nelle urne in conto al Pd.

Dunque, Emiliano continuerà a governare la Puglia con i voti del Pd, delle civiche e del M5S. Il Pd sarà sicuramente la forza politica che meno otterrà da questo tipo di alleanza. In attesa che il congresso (Letta si farà da parte) ci dica in quale direzione si muoverà il partito. 

A tavolino è facile parlare di accordi, ma non bisogna dimenticare che per il M5S ritrovare lo spirito delle origini e schierarsi da solo contro tutti (con un leader nuovo) era necessario per risalire la china dopo le difficoltà degli ultimi anni e la perdita di consensi. E poi è noto che è impossibile sommare i voti di Azione e M5S, perché vi è una incompatibilità evidente tra le posizioni dei due partiti e anche dei loro potenziali elettori.

  Quale ruolo avrà il centrodestra in Puglia dopo le elezioni e la nascita del nuovo governo è tutto da vedere. Nei mesi e negli anni scorsi la classe dirigente di centrodestra ha mostrato scarsa capacità di incidere come opposizione al sistema-Emiliano. In questo momento il leader più rappresentativo di quell’area è Raffaele Fitto, il quale negli ultimi anni  è stato capace di riposizionarsi, con lungimiranza, e potrebbe ambire a ruoli di governo. Ma gli eletti (di Fdi, Lega e Forza Italia) hanno rapporti non proprio idilliaci con lui e, soprattutto, se hanno centrato le elezioni non è certo per merito dell’ex presidente della Regione. Dunque non gli devono niente. Semmai è Giorgia Meloni che gli deve riconoscenza per averle permesso durante la lunga marcia verso Palazzo Chigi di accreditarsi nel mondo dei Conservatori europei e di ottenere la presidenza del Partito dei conservatori europei. Sicché il centrodestra pugliese presumibilmente continuerà a marciare in ordine sparso, senza la possibilità di individuare una candidatura condivisa e con potenzialità di vittoria per le prossime elezioni regionali (2025)  o  per la guida del Comune di Bari (elezioni previste per il 2024).  

E infatti Michele Emiliano ha già detto che per lui il prossimo candidato del centrosinistra per la Regione è Antonio Decaro. Lasciando immaginare che egli potrebbe candidarsi all’europarlamento nel 2024 o tornare a guidare il Comune di Bari, 20 anni dopo la prima vittoria. Questa ipotesi porta il centrosinistra a marciare unito in Puglia  verso obiettivi comuni dei suoi personaggi più rappresentativi, anche se Emiliano e Decaro sono assolutamente diversi sul piano politico e caratteriale, proprio mentre il centrodestra mostra una scarsa propensione a operare unito. Al contrario di ciò che è accaduto a livello nazionale, dove il centrodestra ha vinto perché unito e il centrosinistra ha perso per la impossibilità politica e programmatica di unirsi. 

La battaglia in corso nel Pd a livello nazionale potrebbe tuttavia mettere in discussione la prospettiva decisa dai maggiorenti per la Puglia. Molti dirigenti locali, dopo aver permesso a Emiliano di occupare il partito, stanno cominciando a svegliarsi. Ci sono figure rappresentative sul piano istituzionale e politico, come Fabiano Amati o Dario Stefàno, che non hanno intenzione di accettare una ulteriore lottizzazione senza discutere e, se necessario, senza combattere. 

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