Personaggi

I tre intoccabili delle notti pugliesi

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Abbiamo incontrato Maurizio Macrì, Nicola Di Venere e Dario Lotti, tre dj divenuti icone dei music club

Quando ho deciso di scrivere questo articolo sapevo che non sarebbe stato facile. Credo che dopo che alcuni addetti ai lavori lo avranno letto, probabilmente, sarò travolto da molte critiche avendo scelto questo piuttosto che quel personaggio del mondo della notte. Diciamo quindi che ciò che leggerete è il parere personalissimo di uno che, tra una cosa e l’altra, ha maturato tre requisiti fondamentali per affrontare l’argomento: amare la musica dei club dove si balla, aver vissuto la seconda era d’oro delle discoteche, cioè gli anni ’90, e può considerarsi ancora un dj vecchia scuola che ha imparato a mettere a tempo due vinili grazie a due Technics SL 1210 e un mixer.

Per iniziare a raccontare questa storia avrò bisogno di un punto di partenza, il mio è Francis Grasso! Il periodo è quello a cavallo tra gli anni ’60 e i ’70, la città è New York e sullo sfondo ci sono Malcom X, Martin Luther King e i movimenti per la rivendicazione dei diritti del popolo afroamericano. Francis è un ragazzo nato da una famiglia italiana immigrata in America, vive a Brooklyn e comincia a lavorare nei club della città come ballerino per arrotondare. Ama la musica ed ha uno spiccato senso del ritmo. È amico di Terry Noel, anch’egli ballerino ma soprattutto “l’uomo che mette la musica” al Salvation II a Central Park. La storia vuole che una sera Terry è talmente strafatto di acidi che non può esibirsi e quindi viene chiesto a Francis di sostituirlo. Nonostante l’inesperienza, Grasso convince e stupisce tutti, Terry Noel viene licenziato e da questo momento parte la carriera di un artista che ha rivoluzionato il modo di mettere i dischi introducendo l’attuale tecnica di miscelarli insieme a tempo e senza alcuna interruzione. Sebbene oggi queste cose sembrino semplici grazie all’avvento della tecnologia digitale, pensate che alla fine degli anni ’60 queste tecniche erano rivoluzionarie e pressoché impossibili poiché non esistevano i moderni giradischi con la regolazione della velocità e i mixer non avevano il preascolto in cuffia (Alex Rosner, ingegnere del suono newyorchese, creò per Francis Grasso un dispositivo con quelle caratteristiche). Francis non suona i dischi messi a disposizione dal club ma si porta dietro la sua bag introducendo nel panorama newyorkese abituato al rock psichedelico, brani dei Kool & The Gang, di Carlos Santana, degli Earth Wind & Fire e di James Brown, per citarne solo alcuni, dando così il via al periodo d’oro della Disco Music e dei locali che verranno, uno fra tutti lo “Studio 54”. Grasso è il primo uomo dietro una consolle, il primo dj moderno, l’ispiratore dei padri della house come Nicky Siano, Frankie Knuckles, Larry Levan, David Mancuso e Walter Gibbons.

In Italia è davvero difficile datare l’inizio e quindi l’avvento dei deejays intesi in chiave moderna, alla Francis Grasso. È idea comune che molto determinante sia stato il 1974 e l’apertura della “Baia Degli Angeli” a Gabicce, dove si esibivano due deejays americani: Tom Sison e Bob Day.

Fatta questa “lunga” e doverosa premessa, è tempo di raccontare la nostra storia, quella pugliese, quella nella quale parleremo di tre vere e proprie icone di questo mondo: Nicola Di Venere – classe 1960, Maurizio Macrì – classe 1967 e Dario Lotti – classe 1963 (in ordine rigorosamente alfabetico). Non c’è una regola precisa che stabilisce il primato di questi tre artisti, è così dalla notte dei tempi. Se fai il loro nome allora stai facendo quello di tre intoccabili del panorama club pugliese.

Nicola nasce a Bari, a Carbonara precisamente, Maurizio in Salento e Dario viene al mondo a Roma. Le loro storie si intrecciano da sempre con il meglio che le discoteche e l’arte del djing in senso più ampio siano riusciti ad esprimere in Puglia. Tutti e tre si formano con la disco music, un’onda sonora travolgente che arrivava dall’America, espressione di un mondo che stava cambiando e che lo faceva sradicando i taboo di una società che di li a poco si sarebbe aperta alle nuove mode. I love to sing the songs i sing di Barry White è il primo album che compra e suona Di Venere, per Macrì è un 45 giri, Rapper’s Delight della Sugarhill Gang, Lotti riceve in regalo dal padre Walkin On Music della Peter Jaques Band. Siamo a cavallo tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta e stiamo parlando di ragazzi che si avvicinano ad un modo che avrebbero solo potuto sognare posando una puntina sul vinile.

La cosa più bella che mi ha raccontato Maurizio è questa: «Pensa, io non potevo entrare in discoteca perché ancora troppo giovane. Restavo fuori e ascoltavo il frastuono che veniva da dentro pensando che un giorno, in quel locale, la musica l’avrei messa io».

C’è passione nelle storie di questi djs, c’è perseveranza e c’è soprattutto talento, tanto, straripante. Tutti e tre cominciano a suonare in club importantissimi fin da ragazzini, Nicola Di Venere conosce uno tra i dj italiani più eclettici di sempre: Marco Trani, re indiscusso dello storico Easy Going di Roma e in seguito a questo incontro riesce a determinare il sound moderno ed innovativo di locali culto del barese come il Camelot, solo per citarne uno tra i più famosi di sempre. A Maurizio Macrì viene affidata la consolle dello Xenon, tra le prime discoteche Salentine degne di questo nome soprattutto per le innovazioni tecnologiche che offriva al suo pubblico, come il pavimento della pista che si illuminava e un palco con specchi che apparivano all’occorrenza. Dario Lotti si afferma e fa conoscere tutta la sua tecnica allo storico Mirage di Novoli e all’Alex di Lecce. È un tempo in cui non esistono i social, non esistono le piattaforme sulle quali acquistare l’ultimissimo singolo di quel preciso artista, sono anni nei quali sei artefice del tuo successo e diventi famoso se sei bravo veramente, se hai gusto, se sai fiutare qualcosa e trasformarla in tendenza. Alla domanda «come hai fatto a farti conoscere in un tempo in cui non c’erano i mezzi di oggi?» tutti e tre hanno risposto in maniera decisa: «Grazie alla passione, alla capacità di continuare a credere in quello che stavo facendo in quel preciso momento senza mai dare nulla per scontato, investendo soprattutto in quello che era il mio sesto senso». Il mondo tra gli anni ottanta e novanta non era quello frenetico di oggi; i social erano rappresentati dalle radio attraverso le quali promuovere la propria musica e il dj in discoteca era lo strumento attraverso il quale creare quel flusso inarrestabile che determinò l’epoca d’oro dei club pugliesi.

Sono loro che promuovono la New Wave inglese durante gli anni ottanta, fiutano e lanciano la house music agli inizi degli anni novanta, per poi proseguire fino ad oggi in una continua evoluzione musicale che mostra la loro capacità di fare tendenza; perché è li che sta il segreto: avere tanto fiuto da anticipare ciò che sarà, e, credetemi, è per pochi.

Negli anni Nicola, Maurizio e Dario sono diventati veri e propri punti di riferimento del mondo della notte, la loro carriera artistica cresce in maniera continua e i loro nomi vengono associati a locali che ancora oggi sono simbolo dell’affermazione della cultura Disco in Italia. Sono centinaia i posti nei quali dall’impianto audio viene diffuso il loro suono, sono talmente tanti che loro neanche li ricordano tutti. Abbiamo chiesto ad ognuno di loro se si sentisse particolarmente legato ad un luogo, ne sono venuti fuori tre: Divinae Follie, Guendalina e Blu Bay, perché quando pronunci questi nomi è come se dicessi Nicola, Dario e Maurizio, in quei club c’è la loro anima, il loro modo di interpretare la notte, un pezzo importante della loro vita e di quella di generazioni che hanno ascoltato e continuano ad ascoltare un dj che non mette musica ma suona!

Sono cresciuti e divenuti famosi negli anni in cui non c’erano i social e non
esistevano le piattaforme su cui acquistare i singoli. A quei tempi diventavi qualcuno solo se eri bravo

Il talento non sprecato, perché è di questo che parliamo, offre sempre delle nuove opportunità, è il treno a bordo del quale sali e che ti fa conoscere posti che non avresti mai immaginato. Per Nicola Di Venere, Maurizio Macrì e Dario Lotti queste nuove opportunità sono sparse per il mondo. Nicola suona a Chicago, al Billboard, Kiss e Crobar di Miami, al Pacha di Ibiza, al Titos di Palma di Maiorca, al Red & Blue in Belgio, oltre che nelle discoteche più importanti della riviera romagnola. Dario promuove il suo sound sia in Italia che in locali culto della scena underground mondiale a Detroit, San Diego, Cincinnati e Toledo. Per Maurizio, oltre ai club più belli dello Stivale, ci sono Ibiza, Londra e le lontanissime Filippine. Tutti e tre condividono notti e consolle con i djs più importanti al mondo, da Frankie Knucles a Tony Humphries, da David Morales a Little Louie Vega, in una lunga lista di flyers, locandine e manifesti sui quali c’è scritto il loro nome al fianco dei più famosi di sempre, quasi ad affermare che quei ragazzi espressione della caparbietà che contraddistingue tanti pugliesi, hanno realizzato un sogno che forse, oggi, con la logica del tutto e subito, sarebbe restato una chimera. Avrei tanto altro da dirvi sulle vite di Nicola, Dario e Maurizio. Le loro interviste mi hanno emozionato perché raccontano vite ricche oltremodo di esperienze uniche che certificano i premi della perseveranza, la determinazione di un sogno e soprattutto la testardaggine nel percorrere una strada che all’inizio sembra impervia ma che dopo un po’ ti porta a visitare posti dei quali avresti potuto solo leggere. Alla domanda se fosse nato l’erede di ognuno, tutti e tre hanno sorriso rispondendo all’unanimità che: «C’è davvero tanto talento in giro, tanti ragazzi che oltre ad essere ottimi djs sono anche promettenti produttori; cambiano il contesto e le motivazioni però. Oggi, forse, si ha la pretesa di voler arrivare subito ed è più facile diventare una meteora piuttosto che una pietra miliare». All’inizio dell’articolo ho fatto una premessa, affermando che probabilmente avrei dimenticato qualcuno e per evitare di farla grossa ho chiesto ai nostri tre djs un nome che, a ragion veduta, avrebbe meritato un posto tra queste righe. La risposta è stata unanime: Enzo Veronese. Siamo alla fine dell’articolo ma non delle carriere artistiche di questi tre monumenti della club culture pugliese. Per chiudere ho voluto chiedere cosa ci fosse nel loro futuro guardandosi indietro, ai quasi quarant’anni di carriera: «Ci sono la passione per la musica e la mia evoluzione personale e artistica», come a dire che gli occhi di quei ragazzini che sognavano di fare i dj in giro per il mondo, ancora brillano e, soprattutto, sanno ancora sognare.

Testo di Diego Colucci – Foto di Silvio Bursomanno

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