Personaggi

“L’estate più calda” di Gianmarco Saurino

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Gianmarco Saurino

Francesco Del Grosso ha incontrato l’attore foggiano Gianmarco Saurino, protagonista della commedia disponibile su Amazon Prime e della serie di prossima uscita sul caso di Elisa Claps

I personaggi di Nico Santopaolo in “Che Dio ci aiuti” e di Lorenzo Lazzarini in “DOC – Nelle tue mani” l’hanno fatto conoscere al grande pubblico, ma Gianmarco Saurino è stato e continua ad essere un professionista di grande rigore, un attore completo e versatile che ha sempre interpretato con credibilità e potenza espressiva ruoli diversi a teatro, al cinema e sul piccolo schermo. Lo vedremo davanti la macchina da presa nella commedia “L’estate più calda” del regista Matteo Pilati, disponibile dal 6 luglio 2023 su Amazon Prime Video, nel quale veste i panni di un diacono prossimo a diventare prete il cui cammino sarà stravolto da un incontro. Entro la fine dell’anno dovrebbe invece andare in onda su Rai1 “Per Elisa”, una serie italo-inglese diretta da Marco Pontecorvo incentrata sul caso Claps, che lo ha visto impegnato nel ruolo di Gildo, il fratello di Elisa, la sedicenne uccisa il 12 settembre del 1993 e i cui resti furono ritrovati 17 anni dopo la sua scomparsa nel sottotetto di una chiesa di Potenza. Un uomo che ha dedicato la sua esistenza alla ricerca della verità e dell’assassino della sorella.

Gianmarco Saurino

Quando è scoccata la scintilla per la recitazione?

Non ho mai avuto perfettamente chiaro il momento in cui è nato in me il desiderio di recitare, ma intorno ai 17/18 anni, mentre frequentavo per gioco un laboratorio di teatro in quel di Foggia e gli altri miei compagni erano impegnati nella scelta della facoltà universitaria alla quale iscriversi, la decisione che avrei voluto intraprendere il mestiere dell’attore si è palesata in maniera del tutto spontanea e di conseguenza ho iniziato a informarmi su quelle che erano le migliori scuole in circolazione sul territorio nazionale. All’epoca dalle mie parti non c’erano – e probabilmente non ci sono ancora oggi – luoghi e opportunità di formazione in tal senso, nonostante in Puglia adesso si girino sempre più film e serie televisive. Quindi un ragazzo è costretto ad andare a studiare fuori, lasciando casa e affetti. Motivo per cui la scelta è caduta sul Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove dopo un provino sono stato ammesso al primo tentativo. Il ché ha richiesto un trasferimento nella Capitale, dove vivo ormai da dodici anni. Da lì è partito tutto, perché alla fine del triennio fortunatamente ho cominciato subito a lavorare.

In che modo è cambiato e se è cambiato nel tempo il valore che ha per lei la recitazione?

È cambiato moltissimo. Prima era il motore che muoveva la mia felicità e tutte le mie emozioni. Adesso non è più triste, ma semplicemente ha acquisito un carattere reale, perché recitare è diventato anche un lavoro. Di conseguenza – ed è frutto dell’ultimo periodo – mi è apparso più chiaro il fatto che la mia felicità debba venire da altre cose che non sono legate al lavoro. Quindi ho ridato ad esso la giusta dimensione e il posto che merita, ossia una parte della mia vita.

Gianmarco Saurino

Cosa pensa che il pubblico si aspetti da lei?

Di ricevere sempre delle performance credibili, sincere e molto responsabili, indipendentemente che si tratti di cinema, televisione o teatro. Spero che il pubblico che ho avuto in questi anni continui a seguirmi e a fidarsi delle mie scelte, anche quando queste appaiono impopolari.

Quali sono gli elementi che la guidano nella scelta di un progetto?

Quando ho la possibilità di scegliere un progetto o mi viene proposto un ruolo, la decisione passa attraverso diverse fasi. Innanzitutto guardo la storia che viene narrata e quanto questa sia in grado di coinvolgere ed emozionare chi la legge. Poi l’attenzione si sposta sui personaggi che la animano e a quanto questi siano originali, interessanti e permettano di fare un percorso
di studio e ricerca. Lo step successivo è andare a capire con quale regista e cast vado a lavorare, che è altrettanto importante ai fini della riuscita del progetto di turno. Questi in generale sono gli elementi che mi guidano nella scelta di un’opera piuttosto che di un’altra.

Gianmarco Saurino

Nel caso della mia ultima fatica davanti la macchina da presa, “L’estate più calda”, la voglia forte di tornare a collaborare con il regista Matteo Pilati dopo il film precedente “Maschile singolare” andava di pari passo con quella di fare una commedia romantica inusuale. Quanto la responsabilizza e se la responsabilizza l’interpretare personaggi complessi in film che affrontano temi dal peso specifico rilevante?

Con “Maschile singolare” e “L’estate più calda” penso di avere contribuito semplicemente a raccontare le storie di due essere umani. Nel primo interpreto un ragazzo omosessuale che si diverte a trascorrere le notti con
chiunque, ma che un giorno incontra qualcuno che gli farà tremare la terra sotto i piedi. Qui non volevamo raccontare la comunità Lgbtqia+, bensì portare la tematica a noi contestualizzandola come singoli per poi permettere al pubblico di renderla in qualche modo universale. Mentre nel secondo vesto i panni di un uomo che era convinto solidamente di avere intrapreso un percorso e anche nel suo caso trova qualcuno che quel percorso glielo farà crollare. Lui è un diacono prossimo a diventare prete che si innamora di una donna. Ma la questione non è tanto il fatto che possa o no amare qualcuno diverso da Dio, ma che ci si possa innamorare di qualcun altro. Ed è questo che lo rende universale per il pubblico, perché sarà successo a tantissimi di amare qualcuno e a un certo punto innamorarsi di qualcun altro. Ed è questa domanda che muove il protagonista di un film nel quale spero che la gente si possa immedesimare, vedendo in esso il racconto della propria storia d’amore. Che possa in qualche modo essere catartico per qualcuno. Tutto questo per dire che scegliere di interpretare un ruolo per la responsabilità che potresti avere secondo me te lo fa affrontare male, perché rischia di appesantirti e sopravvalutarti.

Gianmarco Saurino

Il personaggio di Nicola in “L’estate più calda” entra in crisi. C’è un momento nella vita reale in cui è capitato all’attore e all’uomo che lo ha interpretato di mettere in discussione le proprie scelte?

In generale sono un fan della messa in discussione, poiché la ritengo un motore di crescita. C’è stato un momento preciso nella mia vita e nella mia carriera in cui a un certo punto ho deciso di dire basta a quei progetti come “Doc – Nelle tue mani” o “Che Dio ci aiuti”, che mi avevano dato popolarità e sicurezza, semplicemente perché non mi andava più di fare qualcosa che non mi andava di fare. Può sembrare una decisione stupida, ma io credo che questo lavoro si basi moltissimo sulle sensazioni, che sono la cosa più tangibile che io conosca a discapito di quanto si pensi. La crisi nasce quando hai una sicurezza, decidi di mollarla e di ributtarti nell’infinito buio che è il mondo e questa carriera. Ho avuto la necessità di sentire che ancora respiravo e mi stavo muovendo, perché la sola ipotesi di dovermi fermare anche per poco è una cosa che mi uccide, dove per fermarsi intendo la sicurezza di un lavoro, del calarsi per più e più stagioni nei panni di un personaggio che oramai conosci come le tue tasche. E questa cosa, almeno per me, andava smontata per due motivi. Da una parte c’era la paura che continuando a rimanere all’interno di questo tipo di progetti corressi il rischio di restare ingabbiato dentro un immaginario dal quale uscire non è per nulla semplice, specialmente se si tratta di serie così popolari. Dall’altra l’esigenza di volersi mettere alla prova su altro, con personaggi anche solo diversi e non necessariamente più complessi. È stata una scelta che mi ha mandato in crisi sia prima che dopo, perché anche l’insicurezza del dopo può destabilizzare. Qualche anno fa quando ho preso la decisione di uscire da questi progetti così importanti è stato un periodo molto difficile da superare, ma credo di avercela fatta.

Gianmarco Saurino

Cosa si aspetta dal futuro?

Spero che a un certo punto arrivi un ruolo che mi aiuti a scoprire delle cose di me che non conoscevo. Un personaggio nella ricerca del quale io venga a conoscenza di aspetti che dentro di me non erano chiari. Ma anche la voglia di lavorare con un grande regista, di fama e talento, non per metterlo nel curriculum, bensì per misurarmi con la sua creatività. Questo è l’augurio migliore che sento di farmi.

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