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Donatella Caprioglio: non perdiamo la magia

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donatella caprioglio

La scrittrice Donatella Caprioglio vive tra la Puglia, Parigi e la sua Venezia. Venti anni fa ha apprezzato la spontaneità dei pugliesi. “Ma oggi noto cambiamenti che non mi piacciono”

Sono venuta per caso in Puglia, in un momento in cui scrivevo un libro sulla menopausa. E quando sono scesa dall’aereo a Brindisi e ho visto la terra rossa, ho capito che qui c’era una terra fertile e avrei potuto trovare quello che non c’era più dentro di me. La fertilità del sangue, la fertilità mia.

Questa terra mi ha completamente stregata: il colore, la natura, e poi l’architettura dei luoghi, che è un’architettura molto arcaica, legata ad una rotondità, dei trulli come dei ventri e dei seni puntati al cielo, i coni.

Questo è stato un segnale molto forte per me. Anche perché la vita qui è molto semplice, quasi legata al fuoco, al camino, alla pietra, al contatto con la natura immediato. E questo tipo di vita mi ha affascinata.

Sono in Puglia ormai da quasi 20 anni. E non mi ha mai delusa. Rimane sempre la bellezza del luogo. Anche se temo che ci sia un cambiamento nelle persone nel modo di accogliere. È proprio la qualità dell’accoglienza, molto semplice, vera, spontanea che ha attratto le persone. Oggi noto un cambiamento legato a un alzare i prezzi in maniera sbagliata. Temo che questo fenomeno porti via la spontaneità e il sentirsi “come in famiglia”.

Mi piace poter fare un po’ quello che voglio perché non ho mai avuto la possibilità di vivere in una campagna così grande, tre ettari, ero abituata ad un terrazzino a Venezia. Ho trasformato questo spazio anche in una “accademia degli inquieti”, in un luogo che può accogliere le persone che hanno qualcosa da dire, da dare. Questo mi piace molto ed è un tipo di vita molto semplice, non legato all’apparire ma all’essere. È una realtà “immediata”, con le persone, con i vicini, con la gente del luogo. Certo ho degli amici che ho incontrato in questo periodo e mi fa molto piacere stare con loro. Ma amo anche stare in silenzio. Non ho bisogno per forza di uscire. La dimensione della natura per me è prioritaria, perché in questa dimensione riesco a concentrarmi e scrivere. Molti dei miei libri li ho scritti qui, chiusa dentro la casa di pietra d’inverno o all’accademia degli inquieti in estate.

I Pugliesi ormai sono molto “mischiati” perché qui abitano persone che vengono anche da fuori. C’è un piacevole scambio tra identità diversi. Non ci sono assolutamente solo i Pugliesi. Di loro mi piace l’accoglienza, mi piace la cucina, mi piace tutto quello che fa parte della loro spontaneità. Un po’ di tempo fa però mi è accaduto un episodio che non mi è piaciuto, in una piccola osteria vicino casa mia. Mi hanno detto che mi avevano fatto pagare il ghiaccio. Per me questo è un segno che stiamo perdendo un po’ la ragione. Soprattutto in un luogo che io conosco da tanto tempo. Mi sono sentita come un’estranea, una cliente qualsiasi che aveva chiesto più ghiaccio, invece ero un’amica-cliente da 20 anni. Potevano non dirmelo e mettermelo in conto, sarebbe stato più elegante.

La Puglia per me è casa ormai, casa perché quella che abito è una casa.

Anche un po’ complicata, difficile, una casa bella perché ho avuto la fortuna di trovarla particolare ma ho messo molta cura nel poterla rendere più semplice. Ricordo quando la vidi per la prima volta, vuota, ma la immaginavo già pronta con le tende e tutto il resto. Però ho sentito anche qualcosa di molto triste. E così prima di comprarla l’ho girata con una candela per ascoltare ciò che la casa voleva dirmi. Credo che sia importante, prima di comprare, sentire che emozioni empaticamente ti dà un terreno o una abitazione. Sapendo che nulla è neutro, perché c’è sempre una storia. E se non abbiamo la possibilità di conoscerla, abbiamo comunque la possibilità di sentire quello che percepiamo. Io sentivo tristezza. Per cui siccome c’era un cammino e c’erano delle assi di legno, mi è venuto spontaneo accendere il fuoco, bruciare quelle assi, come una specie di rito primitivo. Dare fuoco per scacciare la tristezza. E credo che abbia funzionato. Al momento del rogito con la proprietaria, che casualmente aveva il mio stesso anno e giorno di nascita, le ho chiesto perché voleva vendere una cosa così bella, e lei mi disse che la vendeva perché in quella casa si sentiva prigioniera. Mi ha raccontato la storia che la casa era stata data in eredità ad un figlio che aveva rifiutato di sposare una donna del suo rango aristocratico e suo padre l’aveva disereditato, dandogli solo quest’immobile dove venne a vivere con la sua amata, una contadina. Per cui era una casa d’amore, loro erano vissuti qui e poi avevano avuto una piccola bambina: la donna che mi ha venduto la casa. Il padre è morto giovane e la madre si è sposata con il signore che portava avanti la campagna, il fattore. Ho fatto di tutto per trasformare tutta questa tristezza in gioia ed accoglienza. Per questo dopo 10 anni ho incominciato a dar vita all’Accademia degli inquieti, uno spazio per parlare di inquietudine.

Le case devono anche aver una funzione, semplicemente per farci stare bene, accogliere la famiglia. Ma per come sono fatta io anche per accogliere gli altri.

Usare la mia capacità di ascolto per far circolare qualcosa. Per aprire qualche porta chiusa. Bisogna interloquire con le case. Perché loro sono contente quando noi ce ne prendiamo cura. Anche le case sono degli esseri viventi che si arrabbiano quando le abbandoniamo. Saltano le lampadine, o si rompe la caldaia. Bisogna avere la capacità di comprensione che la casa vive in abbandono. E quando ci mettiamo un fiore dentro è contenta. Ecco, questo è il mio modo di entrare nelle case. Un mio amico sciamano mi consigliò, anni prima di comprare la casa in Puglia, di bruciare la salvia nelle stanze con una candela bianca. Questo rito mi ha salvato già una volta, a Venezia. Quindi consiglio sempre quel rito, un po’ infantile e un po’ magico, ma permette di raggiungere uno stato d’animo più tranquillo.

Non saprei dire se sia più felice in Puglia. Non sono riuscita a fare il passaggio completo, quindi tengo più case dove ancora vivo. Perché sono legata al lavoro, agli affetti famigliari. Quindi non ho fatto un trasferimento definitivo. Forse non sono ancora pronta per farlo. Vivendo anche a Parigi sento di avere necessità di tutto il movimento di questa grande città, che naturalmente si compendia con la grande forza della Puglia. E Venezia rimane ancora un punto di riferimento anche affettivo. Anche se pure Venezia sta ormai perdendo la sua anima, e mi dispiace molto. La Puglia invece ha questa anima intatta, almeno qui nella mia campagna. E da quest’anima io riesco ancora oggi a prendere delle risorse preziose.

Libri di Donatella Caprioglio:
Bambini, Edizioni la Melusina, Roma 1999;
“La parola ai bambini”, Mazzanti Editori, Venezia, 2003;
“Non c’è la faccio più – Duecento risposte ai genitori in crisi”, Edizioni Armenia, Milano, 2006;
“Un’altra donna. Viaggio interiore al tempo della menopausa”, Palomar Edizioni, Bari, 2006;
“Vai ma resta ancora. La difficoltà di separarsi dai propri figli”, Edizioni Mondadori, 2007;
“Nel cuore delle case”, Edizioni Punto d’Incontro, 2012;
“Padri e figlie”, Schena Editore, 2016.

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