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Apulian Quite Luxury: Michele Achille

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michele achille

Luca Caputo ha incontrato Michele Achille, fondatore dell’omonimo brand

Digitando #quietluxury su Instagram scorrono immagini di signore in gonne a portafoglio e lunghi capispalla, total look ton sur ton. Imponendosi come trend del momento, il #quietluxury come l’#oldmoney, sono i segnali estetici del bisogno sociale di stabilità e solidità che pervade l’attualità al tramonto delle logomanie. Letteralmente ‘’lusso quieto’’, su Instagram si appiattisce a una t-shirt basic monocolore di fast fashion, ennesima standardizzazione che alla moda può solo nuocere. Dietro ogni singolo capo di Loro Piana o Brunello Cucinelli, brand riferimento stilistico del trend, c’è un preziosissimo lavoro di maestranze, filosofie aziendali e materie prime inestimabili che ne giustificano i prezzi elevati.

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Il vero #quietluxury è quindi tutt’altra storia.

In Puglia il pigmalione è Michele Achille fondatore del brand omonimo che ha fatto sua la vera filosofia del #quietluxury: produce la sua linea di abbigliamento maschile nelle piccole sartorie della Valle d’Itria sorseggiando tazzine di caffè con gli artigiani sui bancali delle macchine da cucire.

michele achille

I suoi capi, a detta dei suoi stessi clienti, sono più belli dal vivo che in foto. Veri e propri pezzi di alto design. La storia del Signor Achille è quella di un’andata e ritorno dalla sua terra, la Puglia, passando per Roma dov’era iscritto alla facoltà di Architettura ma frequentava di nascosto i corsi all’Accademia di Moda e Costume, all’estremo Oriente. Di un corteggiamento da parte della moda iniziato nel laboratorio del padre sarto, fino al lavoro come assistente di Osvaldo Testa negli anni Ottanta, dove il suo predecessore era niente meno che Giorgio Armani, e culminato con l’apertura del suo brand post pandemia.

È una storia da Made in Puglia fatta di lusso discreto e pur riconoscibile, tagli e tessuti raffinati che vestono l’élite del mondo intero. Dalla nostra conversazione, emerge il ritratto di un uomo visionario e avanguardista ma pragmatico e determinato, incarnazione del suo stesso stile. A pennello il motto di Armani: ‘’l’eleganza non è farsi notare, ma ricordare.’’

michele achille

Paradossalmente i suoi stessi genitori hanno, inizialmente, ostacolato la sua scelta di lavorare nel mondo della moda. Per lei desideravano un’altra vita. Crede sia un sintomo della concezione, tutta italiana, della moda come inutile e superficiale?

Credo che questa fosse una delle motivazioni e li capisco poiché è sempre passato il messaggio che lavorare nella moda significava essere eccentrici, estroversi, diversi e soprattutto professionalmente indefinibili. Non posso però loro dar torto perché tutt’ora esiste chi dice di lavorare nella moda ma non si capisce bene cosa fa e quali sono le competenze che ha. Io ho sempre considerato la moda una professione seria e la mia è stata una scelta professionale prima che attitudinale.

Andata e ritorno, la Puglia sulla pelle e nel cuore. Che rapporto la lega alla sua regione in termini affettivi e lavorativi?

Questa è la domanda che ogni volta mi mette un po’ a disagio poiché rispondere significa tornare a scandagliare nel mio animo, ricordare il passato e far rivivere speranze ed aspettative disattese. La Puglia l’ho lasciata e ci son ritornato più volte e sempre con motivazioni diverse. Son partito la prima  olta con l’idea di scorticare le mie origini dalla pelle come tanti giovani fanno ma poi son tornato con una pelle nuova i cui pori avevano dimenticato quanto acre poteva essere l’aria della mia terra specie per chi l’aveva abbandonata. L’amore per il mio lavoro e gli affetti familiari mi ha portato a ricostruire questo rapporto dicotomico con la mia terra. A volte penso ancora che le mie radici non sono qui e che questa terra mi respinga e non mi riconosca come suo figlio ma ogni volta che percorro in macchina la litoranea all’altezza di Polignano o comincio a salire la provinciale che da Fasano mi porta a Locorotondo e Martina Franca oppure mi siedo per un caffè fuori un piccolo bar di uno dei tanti affascinanti paesi salentini e mi perdo nelle loro misteriose ed abbaglianti facciate barocche, allora mi dico che è in questa terra che voglio stare.

michele achille

Ha lavorato per anni nell’estremo Oriente: Cina, Giappone e Corea. Cos’ha imparato da quelle culture e cos’ha, a suo parere, da invidiare lo stile europeo a quello asiatico?

Da queste culture ho imparato tantissimo. Innanzi tutto ho imparato a saper ascoltare, rispettare l’opinione altrui ed il garbo nel confronto con l’altro. Ho imparato che per ottenere l’eccellenza vanno curati tutti i dettagli e per far ciò c’è bisogno di tempo e pazienza. Ho imparato ad osservare le cose e le persone con più profondità per coglierne la vera essenza. A livello di stile però posso dire che lo stile europeo non ha nulla da invidiare a quello asiatico ed aggiungerei e viceversa poiché sono molto diversi essendo il risultato di una storia e di una cultura diversa.

Il suo stile è sartoriale ma di moderna raffinatezza. Un’estetica contraddistinta da un certo decoro ricorrente. Può spiegarci di più?

La collezione, anche se non mi piace chiamarla così, parte da un’idea che è quella del segno come origine del linguaggio ed in definitiva come elemento che ci contraddistingue. La mia storia professionale ha sempre dovuto fare i conti con il mercato, inibendo molto spesso la mia creatività ma in compenso mi ha formato moltissimo sul prodotto, sulla vestibilità e qualità. Con questa collezione ho cercato di far emergere la parte creativa per contraddistinguere i miei capi così come il segno o il linguaggio contraddistinguono la personalità di ognuno di noi. Al tempo stesso però non ho dimenticato la mia anima più tecnica per cui la creazione o il decoro, così come lei lo chiama, è sempre mediato dall’attenzione per la vestibilità e i processi produttivi di forte impronta artigianale. Credo che il risultato di eleganza sia dato proprio dalla coesistenza di questi due aspetti. Molto spesso, oggi, la creatività per disattenzione o impreparazione non è accompagnata dalla cura del prodotto dimenticando che un cappotto è si un atto creativo ma è un oggetto che va indossato, vissuto e conservato.

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Cos’è per lei il Made in Puglia e che futuro auspica?

In questo momento storico particolarmente positivo per la Puglia in cui turismo e gastronomia sono i volani esclusivi, mi piacerebbe che si passasse da un “Must be in Puglia” ad un “Made in Puglia”. Per fare questo ci sarebbe bisogno che il ricco tessuto artigiano insieme alle menti creative pugliesi nel campo dell’arte e della moda si fondino e creino un Modello Puglia. Auspico che le istituzioni regionali scoprano queste eccellenze fatte di mani e di menti e li promuovano contribuendo a far passare il messaggio che la Puglia non è solo turismo e buon cibo ma è anche terra dove si crea. Io auspico che nasca un Sistema Made in Puglia e che il savoir-faire non sia relegato alle piccole realtà artigianali sconosciute e che le menti creative nel campo della moda e dell’arte non siano fenomeni tutti da scoprire ma realtà che danno lustro alla nostra regione. Naturalmente non mi riferisco a realtà aziendali che già esistono e sono affermate nel nostro territorio, ma sto parlando di tradizione e cultura che esiste e che darebbe un appeal diverso alla nostra regione. Mi piacerebbe un giorno creare un Convivio in cui le eccellenze pugliesi nel campo dell’artigianato, dell’arte, della moda e del design si ritrovino scambiandosi idee ed energie.

 

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