Alfonsina Russo si è appassionata all’archeologia fin da piccola, grazie ai genitori che la portavano a visitare musei e aree archeologiche del Salento.
La direttrice del Parco archeologico del Colosseo parla dei suoi trascorsi in Puglia, dello stato della cultura italiana, delle proteste dei gruppi ambientalisti che prendono di mira i capolavori artistici e dei progetti in cantiere
Tra le ventidue colleghe, riesce a catturare l’attenzione. Forse per le cromie del ritratto, dove i toni caldi dell’architettura romana vengono contrastati dal velluto blu notte della blusa. O forse per l’espressione, incorniciata dal biondo dei capelli, un po’ da moderna Gioconda. O forse perché ha in mano proprio il suo lavoro: una cassetta bianca carica di reperti.
Palazzo Reale di Milano, Marzo 2022. La mostra fotografica: ’’Ritratte. Direttrici di musei italiani’’ di Gerald Bruneau celebra le custodi dei grandi tesori d’arte del nostro paese. Il ritratto sopra descritto è quello di Alfonsina Russo, direttrice del Parco Archeologico del Colosseo a Roma. Donna determinata e brillante, archeologa e professionista volitiva a capo di uno dei simboli dell’Italia, la Direttrice Russo è motivo d’orgoglio per la Puglia, sua terra natale perché è a Tricase che la sua famiglia possiede radici. La Puglia da cui è partita è anche la terra da cui tutto è nato. Dalla vocazione, avvenuta da piccolissima nientemeno che in un museo pugliese difronte ad un fermaglio antico, in gita con la famiglia, agli studi svolti in parte a Lecce e ai primi passi al Museo Sigismondo Castromediano, sempre nel capoluogo salentino. “La cultura di una nazione risiede nei cuori e nell’anima della sua gente” è la sua
frase preferita, come soleva ripetere il Mahatma Gandhi. Motto che ha fatto totalmente suo, dedicando la vita ad un lavoro che l’ha portata a capo di
una delle sette meraviglie del mondo moderno.
Quanto porta del Salento nel suo lavoro, oltre alla vocazione e alle esperienze dei primi passi lavorativi?
Il Salento, per me, ha un significato particolare: lo considero il mio luogo del cuore che poi ha influenzato le mie scelte di vita. Una terra che è un palinsesto di storia e monumenti, crocevia di culture tra Occidente e Oriente, con importanti testimonianze fin dalla preistoria, se consideriamo l’affascinante Grotta dei Cervi di Porto Badisco, e poi Messapi, Greci, Romani, Bizantini. Mi sono appassionata all’archeologia sin da quando i miei genitori, da bambina, mi portavano a visitare i musei e le aree archeologiche locali. Da queste esperienze, poi, ho deciso di approfondire studiando prima al liceo classico di Tricase, poi proseguendo con studi universitari di lettere classiche con indirizzo archeologico, infine con il dottorato e specializzazione in archeologia classica. E poi nell’esperienza lavorativa, prima al Museo Sigismondo Castromediano di Lecce, poi da funzionaria del Ministero della Cultura che all’epoca si chiamava “per i beni e le attività culturali”, poi come Soprintendente e ora Direttrice di un Istituto così importante, così articolato e
impegnativo come il Parco archeologico del Colosseo.
Nelle puntate della trasmissione Rai Petrolio, andata in onda dal 2013 al 2020, i tesori artistici e culturali italiani venivano definiti: “l’oro nero del paese” ma spesso presentati proprio in attesa di essere “estratti”. In patria, ancora sottovalutati, poco sfruttati e valorizzati e invece esaltati e ben usati all’estero. Schiacciante il simbolo della mostra di Pompei ed Ercolano al British Museum. Il nostro patrimonio culturale, rispetto a quegli anni, è ora invece valorizzato a dovere?
Negli ultimi dieci anni sono stati fatti passi da gigante. Tutto il sistema museale italiano è stato riformato con la creazione di numerosi Istituti
dotati di autonomia sia scientifica che economico-finanziaria, come, sole per
citarne alcuni, i Parchi archeologici del Colosseo e di Pompei, gli Uffizi a Firenze, il Mann a Napoli e il MarTa a Taranto. Questo ha consentito di avviare un profondo processo di rinnovamento che ha portato i Musei e la cultura in generale ad essere più vicini ai cittadini con le numerose attività di valorizzazione portate avanti dalle singole Istituzioni culturali. I Musei sono ora luoghi di condivisione di progetti di restauro, di esposizioni a livello nazionale e internazionale che rappresentano dei veri e propri laboratori culturali aperti alla nostra contemporaneità e al servizio di tutti i tipi di pubblico.
Da professionista, esperta e grande conoscitrice della cultura romana antica, qual è l’aspetto che più l’appassiona della nostra civiltà fondatrice?
Le grandi innovazioni tecnologiche nel campo dell’architettura romana: dagli ingegnosi architetti di Nerone, Severo e Celere, che le fonti descrivono come magistri et machinatores, poiché progettarono e realizzarono una serie di marchingegni nella Domus Aurea, il monumentale palazzo dell’Imperatore e una grande opera pubblica come il Colosseo, ampia tre ettari e costruita in soli 9 anni, dal 71 all’80 d.C., anno della sua inaugurazione sotto l’imperatore Tito. Per non parlare di Apollodoro di Damasco, grande intellettuale e architetto di Traiano, che realizzò la colonna traiana posta nell’omonimo maestoso Foro. Un’opera che, dopo secoli e secoli, è arrivata intatta fino a noi per raccontare le gesta di Traiano che creò l’impero più grande della storia.
Come giudica l’operato di sensibilizzazione di gruppi ambientalisti come Just Stop Oil, Extinction Rebellion e Ultima Generazione che per denunciare l’immobilismo verso i cambiamenti climatici attaccano le opere d’arte? Come gestirebbe una simile protesta al Colosseo?
Credo che i loro ideali siano assolutamente condivisibili, ma non le modalità di protesta, se queste compromettono i monumenti storico-artistici, testimonianza delle nostre radici e della nostra storia. È come agire contro se stessi, perché il nostro patrimonio culturale è il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro. La Terra sta davvero soffrendo e lo vediamo tutti i giorni, con eventi atmosferici di forte intensità, che testimoniamo che il clima sta cambiando velocemente. E allora tutti dobbiamo agire nel nostro piccolo, contribuendo a contrastare, con le buone pratiche rivolte all’ambiente, questo fenomeno. Ad esempio, al Parco archeologico del Colosseo abbiamo messo a punto un progetto denominato “Parco Green” volto alla cura e alla manutenzione dei monumenti, alla cura del verde e della biodiversità. Abbiamo da subito cercato partner che potessero valorizzare con noi questa idea. Coldiretti, per esempio, ci supporta nella cura dei 200 alberi di ulivo, dalla potatura, sino alla raccolta e alla produzione di olio extravergine, che non viene commercializzato, ma rappresenta un ulteriore veicolo di promozione di un’agricoltura, come quella laziale, di assoluta eccellenza. Anche le api sono importanti sentinelle per l’inquinamento e garanti della biodiversità: per questo abbiamo delle arnie lungo il percorso naturalistico-archeologico del Palatino meridionale con la produzione di un miele davvero squisito, dal sentore di mirto e corbezzolo; anche questa è un’attività che portiamo avanti in collaborazione con una associazione di produttori di miele, che organizza al Parco laboratori rivolti ai giovani e alle scuole. Altrettanto importante sono per noi le rose. Un altro progetto di cui sono molto fiera è, infatti, quello della Rosa Palatina. Abbiamo un bellissimo roseto, nato all’inizio del secolo scorso, che abbiamo ripristinato e valorizzato. Dai geni delle rose classiche (la rosa prenestina, la rosa gallica) abbiamo creato, grazie ad un ibridatore di fama internazionale, la rosa Augusta Palatina, a cui abbiamo dedicato anche un libro. E poi, stiamo per inaugurare il luogo delle lucciole! Lo faremo in una notte d’estate, ovviamente, penso in Agosto, mese dedicato proprio alle lucciole. Sarà una serata in un contesto di grande suggestione, quello degli Horti Farnesiani sul Palatino.
Come dialogano, tramite iniziative e progetti, la cultura del passato e la modernità del presente, nel sito da lei diretto?
Sono convinta che luoghi come questi non debbano solo parlare con l’antico ma anche con la contemporaneità. Mi affascina molto il rapporto tra il Parco e la concezione del tempo, su cui abbiamo riflettuto interagendo con opere di arte contemporanea. Ad esempio, abbiamo ospitato recentemente giovani artisti con le loro installazioni, producendo eventi e mostre e parlando di Kronos, il tempo ciclico che tutto divora e di Kairòs, l’attimo fuggente, il momento opportuno. Il tutto in un luogo come quello del Palatino, del Foro e del Colosseo, dove sembra che il Tempo sia sospeso, eterno.
Lei ha accompagnato in visita i potenti della terra, dalla Regina Margherita II di Danimarca al Presidente Netanyahu. Qual è la personalità che l’ha più colpita?
Alessandro Michele, all’epoca Direttore creativo di Gucci, si dichiara “archeologo delle cose a venire”, ossia egli è un anticipatore, un ricercatore di un sentire, di un modo di essere che sarà quello del domani, egli scava nel futuro, come gli archeologi normalmente scavano nel passato. Per questo mi ha molto colpito più di tanti altri personaggi con cui ho avuto a che fare in questi anni. Arte e moda costituiscono un binomio perfetto: due manifestazioni del genio umano in dialogo costante tra contaminazioni, sovrapposizioni e collaborazioni. Questi due mondi, evoluti in parallelo con la società, la cultura e l’innovazione, si fronteggiano fin dall’età antica, da quando gli artisti, per accentuare il realismo delle loro raffigurazioni, iniziano a rappresentare i soggetti abbigliati secondo i costumi dell’epoca. Da sempre la moda è in primo luogo una manifestazione della personale inclinazione per l’estetica, esaltazione del desiderio di bellezza e di valore. Su questo tema stiamo lavorando con Sofia Gnoli per un prossimo, bellissimo progetto che coniuga moda e arte, ma questa sarà un’altra interessante storia da raccontare!
Articolo di Luca Caputo
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