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GAME CHANGERS – JOSEPH BALICE

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Joseph Balice, Drestige

Marketplace e abbigliamento con Joseph Balice di Drestige

Drestige è una società di servizi web giovane e dinamica che offre la possibilità alle aziende del fashion di costruire il proprio business futuro proponendo servizi per la vendita dei prodotti in tutto il mondo attraverso la propria piattaforma transazionale.

“Se sei un imprenditore devi adattarti al mercato. Nessuno, neanche la più grande azienda al mondo può snobbare le abitudini che cambiano”

 

A che ora inizia a lavorare?

Non ho orari definiti diciamo che inizio a lavorare non appena mia moglie è al lavoro e i bimbi a scuola. Non avendo punti di riferimento geografici e di orario mi capita spesso di essere operativo la sera tardi, la notte o prima che tutti in casa siano svegli.

A che ora stacca?

L’unica regola è “non lavorare se faccio il padre o il marito”, non sempre ci riesco però cerco di seguirla: diciamo che se sono con la famiglia cerco di stare lontano dal telefono.

Meglio un master o l’esperienza sul campo?

Il master se di alto livello è sicuramente un aiuto che ti crea le basi sia a livello mentale che di metodo, ma come tutto nel mondo accademico è basato su lavori e professioni già esistenti. Il nostro business invece è qualcosa di nuovo, i nostri futuri clienti, quindi parliamo di persone che sono del settore, non sanno esattamente cosa facciamo e come lo facciamo, lo stesso ci capita a volte anche con i consulenti. Nel mondo aziende “marketplace” come le nostre erano meno di 500 nel 2022. In conclusione: siamo una nuova generazione di aziende che nasce dalla trasformazione digitale del lavoro e per ora non ci sono master che stanno al passo. Quindi se vuoi imparare devi stare sul campo.

Con che stile dirige la sua azienda?

Sono consapevole di non sapere tutto, di non saper fare tutto e quindi lavoro prima sulle persone, cerco di coinvolgere nel lavoro solo persone innamorate di ciò che fanno nella mia azienda e condividono con me l’entusiasmo e la voglia di raggiungere gli obiettivi, non c’è una soluzione diversa perché gli obiettivi li raggiunge la squadra, il capitano può solo tenere alto il morale quando serve e disegnare la strada da percorrere, sempre che i tuoi collaboratori non siamo in grado di tracciare una strada migliore, perchè no?

Qual è il suo motto?

Non ho un vero motto in realtà ma per caricarmi quando ne ho bisogno divento severissimo con me stesso e mi capita spesso di insultarmi a voce alta e auto-rimproverarmi. Sembrerà strano ma mi dà quella carica per risolvere e far meglio.

Qual è la parola in cui più si identifica?

Perseveranza. L’ho scoperto negli ultimi anni, ho subito diverse disfatte ultimamente e per lo più dovute a volontà di altri non legati al mio progetto e che prescindevano dai risultati, un qualcosa che ti butta giù. Ma io sono ancora qua. Quindi confermo: perseveranza.

In cosa pensa di essere stato innovativo?

Sono entrato nell’azienda di famiglia a 20 anni come responsabile del marketing, stiamo parlando quindi del 2010-2012. In quegli anni i social iniziavano a dare la possibilità alle aziende di creare i propri profili e la nascita esponenziale dei centri commerciali nella zona aveva abituato la gente alle attività aperte nei festivi, mai giorni di chiusura, vendita online etc. Sono stato innovativo quando ho reso un negozio di vicinato e l’ho portato al passo con i tempi. Siamo stati tra i primi ad accettare più metodi di pagamento, ad aprire le domeniche, ad essere presenti su tutti i social con investimenti in sponsorizzate. I primi ad avere un catalogo online, servizi di fidelizzazione dei cliente, e infine abbiamo rinnovato la logistica aziendale. Siamo cresciuti molto negli ultimi 10 anni e ora mi appresto a creare un sistema tale che nei prossimi 20 anni la nuova generazione di ragazzi che sta abbandonando l’acquisto nei negozi fisici possano trovarci online.

Quando ha capito che la sua idea stava funzionando?

Quando in soli 3 anni abbiamo raggiunto online la metà del fatturato costruito in 30anni con il negozio fisico.

marketplace

Ha letto libri di management? Quali consiglierebbe?

Ho letto biografie di grandi amministratori di aziende come Marchionne, Agnelli e altri. Consiglio questo tipo di libri a quelli che ti spiegano come dirigere l’azienda e come farla crescere, e magari sono scritti da personaggi anonimi. Il segreto del successo si annida spesso nel modo di pensare e nel modo di agire di questi grandi nomi e l’intuizione può nascere da un loro aneddoto personale .

La chiave del suo successo?

Non mi sento un uomo di successo perchè sto ancora navigando e non ho raggiunto i miei obiettivi. I risultati ottenuti fino ad ora sono il frutto di un pensiero unico: fare qualcosa di folle e che nessuno farebbe, perchè troppo difficile. Se funzionerà sarò uno dei pochi a dare un servizio che vogliono tutti, e non perchè è bello ma perchè non hanno scelta. Se sei un imprenditore devi adattarti al mercato, nessuno neanche la più grande azienda del mondo può snobbare le abitudini che cambiano.

Ha mai fallito un obiettivo (o chiuso un’azienda)? Cosa le ha insegnato il fallimento?

Il primo progetto Drestige è fallito, ho fatto degli errori che ora sono per me manna dal cielo e mi stanno aiutando tanto. Ho imparato che se il tuo progetto lo porti avanti con chi non ci crede e che sta con te solo per questioni di affetto non vai da nessuna parte, perchè al minimo problema abbandona la barca e ti ritrovi solo e senza le forze per continuare.

Di chi si fida, a chi chiede consigli?

Mi fido solo di chi ha a cuore il progetto. Chiedo consiglio spesso a mia moglie.

Qual è la parte più difficile del suo lavoro?

Far capire ai clienti il potenziale del nostro progetto perché gli effetti si vedranno nel tempo. Portare le persone a ragionare con un orizzonte più ampio, da 5 a 10 anni minimo. La maggior parte delle persone invece ragiona con orizzonte di mesi e ovviamente tutto è più complicato.

Quanto contano i mercati internazionali per la sua azienda? Come si occupa dell’export?

I mercati internazionali sono la chiave del nostro progetto, consideri che l’obiettivo è portare i prodotti dei nostri partners ad essere visibili in ogni angolo del mondo cosi da poter aumentare la conversione e i volumi. Questo perchè quando si vende ovunque non ci sono stagioni specifiche, non ci sono stili specifici e non medie carrello definite. Non c’e alcun limite, si può vendere tutto a tutti perchè la varietà della domanda è infinita. Nel mercato mondiale il problema non è vendere ma è essere preparati come azienda alle vendite che arriveranno. E nel futuro sarà tutto esponenziale perchè il mercato e gli utenti del web continuano a crescere, consideri che un continente come l’Africa solo ora sta iniziando ad entrare nel traffico del web, dunque ci saranno nuovi milioni di utenti…

Fa bene un suo dipendente a non essere d’accordo con lei?

Assolutamente si. Se un dipendente mi sfida con le idee è un buon segno, vuol dire che c’è confronto ma soprattutto c’è interesse nel progetto, altrimenti non si arriverebbe allo scontro tra idee.

La sua azienda supporta la comunità locale? Come?

Con le mie aziende sostengo da anni le società calcistiche di provincia, perché sono un contenitore di giovani che attraverso lo sport diventeranno uomini e per me lo sport forma una buona parte della personalità delle persone, attiva la competizione, l’impegno, il sacrificio, il gioco di squadra.

Drestige, abbigliamento in esposizione

Ha mai diversificato gli investimenti puntando su altri settori economici?

Non ho cambiato settore ma ho cambiato il modo di vendere il prodotto digitalizzando l’azienda.

Com’è cambiato, negli ultimi 10 anni, il settore in cui opera? E secondo lei cosa potrebbe cambiare ancora?

Il mondo del fashion è cambiato enormemente, oggi ci sono tanti player che sono concorrenti e lavorare su un solo canale porta inevitabilmente a un ridimensionamento dei volumi: il fast fashion, l’ecommerce, il mercato tra privati e la perdita del potere d’acquisto in Italia, il cambio generazionale… Chi nasce oggi o chi è nato negli anni 10 e negli anni 2000 compra solo alcuni capi in negozio, il resto online. Tanti genitori vengono in negozio “mandati” dai figli che non hanno voglia di andare in giro per negozi ma preferiscono farlo dal pc. E tra 10 anni sarà tutto più accentuato.

Cosa migliorerebbe della sua azienda?

Oggi siamo su buoni livelli come servizio al cliente ma quello che voglio sempre migliorare è il servizio su misura per ogni singolo cliente, qualcosa che fa parte del nostro essere e che ci distingue dalla concorrenza. Aziende con rapporti anonimi, sintetici e automatizzati con il cliente non vanno bene, dobbiamo dare un servizio personalizzato. Se puntiamo a migliorare continuamente questo aspetto, tutto il resto arriverà da se.

Qual è il suo sogno nel cassetto?

Solo uno, che nel tempo l’azienda di famiglia capisca il fine del mio progetto e che possa trarne beneficio in futuro quando si troverà ad affrontare i cambiamenti di cui ho parlato.

I suoi figli porteranno avanti l’azienda?

Lo spero, non nascondo che più volte immagino questo. La verità è che tra qualche tempo la nuova innovazione deve arrivare da quelli che saranno più giovani di me. Spero che siano i miei figli e che con loro avrò uno scontro sul vecchio e il nuovo, cosi come avviene oggi con mio padre. Perché tutti questi scontri alla fine nel lungo periodo hanno fatto crescere l’azienda. E spero di avere la forza di dare fiducia incondizionata ai mei figli, anche se so che non sarà facile.

Ha mai investito in una startup creata da giovani imprenditori? Lo farebbe?

Sono io una startup creata da giovani imprenditori, quindi la risposta alla domanda al momento no. Ma quando e se ne avrò la possibiltà lo farò. A patto che quei giovani siano maledettamente convinti di riuscire.

Dia un consiglio a un giovane che decide di avviare una sua azienda.

Deve avere fame, se la mattina si alza e non ha voglia di fare nulla è meglio che non avvii un’azienda. Deve avere la volontà e la forza di sacrificare una giornata di divertimento e deve farlo decidendo senza nessuno che lo costringa. Se succede, allora può avviare una sua attività e avrà successo. Ricordatevi che l’imprenditore non dipende da nessuno, quindi quando si indebita con le banche per finanziare un suo progetto, quando si espone con clienti e fornitori promettendo risultati, lo fa mettendosi in gioco in prima persona. Se si hanno le palle per fare questo si può avviare un azienda.

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