Editoriali

Regionali: tra luci e ombre coalizioni ancora da costruire

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Fitto ed Emiliano appaiono come vecchi, ma anche come l’usato sicuro su cui puntare da parte di centrodestra e centrosinistra per conquistare la presidenza, mentre il M5S si avvia ad essere marginale. Il ruolo di coscienza critica e propositiva di Fabiano Amati nella coalizione ecumenica del presidente uscente

Oronzo Martucci

A pochissimi mesi dalle elezioni regionali, che si svolgeranno a maggio 2020, il clima politico resta incerto e i giochi incrociati caratterizzano tutti gli schieramenti, centrodestra, centrosinistra e finanche il M5s la cui compattezza è ormai un retaggio del passato. Il centrodestra deciderà a Roma l’investitura del candidato presidente, il centrosinistra lo farà in Puglia anche attraverso le primarie, il M5s tra Roma e la Puglia con un occhio a ciò che accade nel governo nazionale e alle prospettive di tenuta. Però, in attesa che decida chi ha potere di farlo, alcuni elementi sono evidenti, anche se non cristallizzati.

Raffaele Fitto, ora schierato con Fratelli d’Italia, è il candidato più forte del centrodestra. Ma lo stesso Fitto e l’intero centrodestra sono alla ricerca di un nome nuovo, magari indicato dai leghisti, che però non hanno dirigenti con la struttura personale e politica per affrontare la partita, oppure da Forza Italia, ormai ridotta ai minimi termini, che però spera di poter piazzare alla guida della coalizione l’ex sindaco di Monopoli Emilio Romani, il quale da amministratore locale si è mosso bene e non nasconde di essere pronto a cimentarsi con questa nuova sfida. Tra l’altro, di Fitto, Romani dice che è un esponente del passato e che i cittadini si aspettano un rinnovamento. Raffaele Fitto con l’obiettivo di dare una linea di marcia differente cerca di parlare di programmi e di puntare l’obiettivo sulle difficoltà che sta incontrando il presidente uscente Michele Emiliano. Nell’area di centrodestra ci sono ambizioni, con pochissime speranze di realizzarle con la candidatura a presidente, di Nuccio Altiero (Lega) e Marcello Gemmato (Fratelli d’Italia).

L’europarlamentare salentino si aspetta la chiamata, ma potrebbe farne volentieri a meno, visto che ha ottenuto la rielezione a Strasburgo pochi mesi fa e in caso di elezioni politiche anticipate e di vittoria del centrodestra potrebbe tornare ad avere un ruolo di governo. Ma nel caso gli equilibri nazionali assegnino a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni la casella pugliese, per lui sarà difficile sottrarsi. Per questo motivo chiederà, prima di accettare, che tutti i dirigenti pugliesi di Lega, Fli, Forza Italia e gruppi minori si dichiarino apertamente a suo favore. In caso di vittoria, essa apparterrà a tutti e soprattutto a lui, in caso di sconfitta nessuno deve poter dire: non era il candidato adatto.
Nel centrosinistra Michele Emiliano si muove con una forza debordante, comprendo spazi in tutte le direzioni con il sostegno di aspiranti candidati consiglieri regionali civici e di liste e movimenti che allo stato appaiono più forti di ciò che resta del Pd, il partito che lo stesso Emiliano ha guidato in Puglia (dopo il 2014) come segretario regionale e che in quella veste ha contribuito a ridurre ai minimi termini preoccupandosi di accrescere i propri consensi più che quelli del partito. Il candidato più forte della coalizione è lui, senza dubbio.

Ma comunque si concludano le primarie di gennaio nel centrosinistra, il consigliere regionale del Pd Fabiano Amati ha rappresentato nel corso degli ultimi anni la vera alternativa al presidente Emiliano e la vera coscienza critica della maggioranza rispetto a scelte non condivise del governo regionale. Lo si è visto su temi come
la xylella, le liste di attesa in sanità, il populismo antitap del governatore, e da ultimo la gestione di Aqp, dove il management che risponde solo ed esclusivamente a Emiliano ha deciso di coinvolgere i privati nelle operazioni di risanamento delle reti, un affare da circa 600 milioni di euro. Anche sull’ex Ilva la posizione di Amati è diversa da quella di Emiliano, con il primo convinto della necessità di garantire lo scudo penale ad Arcelor Mittal per attuare il Piano ambientale, continuando la produzione, e il presidente schierato contro il “privilegio” dello scudo e impegnato a chiedere la decarbonizzazione dello stabilimento di Taranto a spese dell’Europa.
I renziani pugliesi che sono rimasti nel Pd (la stragrande maggioranza, in attesa di capire che fare) e gli amici pugliesi dell’ex premier che l’hanno seguito in Italia Viva, si stanno preparando alle prossime elezioni in ordine sparso e con lo stesso spirito. Qualcuno sostiene alle primarie Elena Gentile, altri Amati, la stragrande maggioranza è però legata a Michele Emiliano, compreso il sindaco di Bari Antonio Decaro. La ministra Teresa Bellanova, da renziana senza seguito, ha dichiarato che mai sosterrà Emiliano alle primarie e che Italia Viva dovrebbe scegliere un altro candidato presidente.

La sinistra che fu di Vendola si è nel frattempo dispersa. come quella di Liberi e Uguali, attratta da Emiliano e dal potere del governo più che dalle idee. Il M5s potrebbe ripartire da Antonella Laricchia, senza possibilità di successo, ma con l’intenzione (probabilmente) di rafforzare la distanza che in Puglia separa il movimento da Michele Emiliano, il quale in questi anni ha fatto di tutto per accreditarsi come un grillino ante litteram e per attrarre a sé, in un ecumenismo politico che mette insieme pezzi di destra, di centro e di sinistra, anche alcuni eletti e tanti elettori del Movimento. La voglia di segnare la distanza da Emiliano e dal centrosinistra è forte soprattutto nell’ex ministro per il Sud, la senatrice leccese Barbara Lezzi, la quale in questo momento ha la responsabilità di aiutare in Puglia, insieme alla Laricchia, il Movimento a decidere che fare alle prossime regionali.
Lezzi e Laricchia hanno già detto che il M5s sarà presente alle regionali. Di più: l’ex ministro sul piano nazionale vuole segnare una analoga, netta, distanza rispetto alle scelte del governo Conte 2, nel quale non ha trovato posto, per accreditarsi come guida della parte dura e pura del Movimento, stile Alessandro Di Battista, quella parte che non accetta alleanze e contaminazioni e pensa che il M5s possa e debba fare tutto da solo. In Puglia poi ci sono campagne identitarie che hanno dato frutti elettorali in altre occasioni, come quella che impegna il Movimento contro il gasdotto di Tap, contro l’ex Ilva (con obiettivo chiusura) e contro l’eradicazione degli ulivi infettati dalla xylella. Tutte battaglie perse, ma sinora elettoralmente fruttuose.

Ovviamente non sarà la Lezzi la candidata presidente del M5s. La scelta potrebbe ricadere come nel 2015 sulla Laricchia, la quale sa però che il risultato del Movimento del maggio 2020 sarà molto lontano da quello delle politiche del 2018 (45 per cento), delle europee del giugno 2019 (26,3 per cento) e delle regionali del 2015 (18,4 per cento) e che quindi la candidatura alla presidenza non le garantisce il ritorno in Consiglio regionale. Circostanza che si verificò nel 2015. Potrebbe chiedere di essere candidata anche al Consiglio regionale per avere più chance, ma questa decisione confermerebbe il fatto che la partita delle regionali in Puglia è ormai persa per il M5s e che la lotta per la vittoria sarà quasi sicuramente tra Emiliano e Fitto, due candidati considerati forti ma politicamente vecchi.
I motivi: Emiliano nonostante si consideri un magistrato prestato alla politica, è in aspettativa dal 2004, quando fu eletto sindaco di Bari, ed è ormai un politico di professione, visto che si è candidato anche per conquistare la leadership nazionale del Pd (2017); Fitto è stato in Consiglio regionale, nel parlamento nazionale e in quello europeo dal 2000. Un’altra condizione accomuna i due “vecchi”: le inchieste giudiziarie, le quali per Fitto sono un triste ricordo del passato e per Emiliano un triste pensiero quotidiano del presente, anche come conseguenza di comportamenti giudicati penalmente rilevanti di collaboratori di primo piano o componenti istituzionali della sua maggioranza.

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