Intervista a Nicola Abbrescia, in arte Nick Abbrey, le cui immagini fanno incetta di premi
È un sabato pomeriggio, l’aria è abbastanza calda anche se c’è un vento che sposta rapidamente le nuvole. Incontro Nicola Abbrescia, in arte Nick Abbrey, classe 1982, appassionato di fotografia, archeologia e architettura, in un bar sul lungomare del capoluogo pugliese. Iniziamo a chiacchiere ma il suo sguardo fissa spesso il cielo.
È un fiume in piena Nick, mi racconta della sua vita, dell’amore per l’arte ereditato dal padre pittore. Curioso fil rouge che lega entrambi, intervistatore e intervistato. Fondatore della pagina Facebook “Abbrey Photo Creations”, dal 2022 è ufficialmente Ambassador Digitale dell’associazione “I Borghi più belli d’Italia”.
Alcuni suoi scatti sono diventati iconici, come la famosa Mareggiata Polignano che si è aggiudicata il primo posto nel concorso nazionale di Wiki Loves Italia ottenendo anche la menzione d’onore di Wiki Loves Monuments. Nel 2023 si è aggiudicato il primo posto nel concorso fotografico Wiki Loves Monuments Italia, sezione Toscana con la sua incantevole panoramica di Firenze e il quinto posto nella sezione nazionale con lo scatto della Mole Antonelliana di Torino. Nick ama la fotografia ed è proprio di questa sua passione, diventata vero e proprio stile di vita, che chiacchieriamo quest’oggi.
Quando hai scattato la tua prima vera fotografia? Quando è nato, artisticamente parlando, Nick Abbrey?
La mia prima vera fotografia è stata scattata nel periodo analogico ben 25 anni fa, con una vecchia Konica T3 a rullino, tutto un altro mondo rispetto ad oggi. I primi scatti furono per gioco, ma con il passare del tempo quel “gioco” iniziò a diventare passione, con la voglia incontrollata di capirne sempre di più sul mondo della fotografia. La medesima situazione la si può intendere per il nome “Nick Abbrey”, inizialmente nato come soprannome datomi dagli amici per via di sport prettamente americani (e poco conosciuti in Italia) che praticavo nel periodo adolescenziale. Solo successivamente, a partire dal 2014, con il mio primo accesso su un social media iniziai ad utilizzarlo come un vero e proprio nome d’arte.
I tuoi progetti fotografici riguardano in particolare il paesaggio. Cosa ti affascina del landscape e come è iniziato questo tuo percorso?
Amo la fotografia paesaggistica e tutto iniziò nel peggiore dei modi, quando decisi di voler fotografare l’alba da un punto panoramico di montagna. In quella occasione sbagliai tutto, a partire dalle calzature fino al tipo di obiettivo da utilizzare e proprio da questa spiacevole esperienza capii che la fotografia di paesaggio merita una programmazione, definire gli obiettivi e gli ostacoli da superare prima di ogni escursione è indispensabile, ed è proprio questa preparazione preliminare che mi affascina maggiormente.
Quanto è importante nella fotografia paesaggistica pianificare i dettagli? Mi riferisco alla luce, al punto di ripresa, alle condizioni meteo.
Nella fotografia di paesaggio la pianificazione è importantissima. Come spesso dico a me stesso, lo scatto nasce nella testa, cresce con la programmazione, si concretizza con lo scatto e termina con la stampa. Se non hai idea di cosa stai andando a fotografare e come lo dovresti fotografare è rischioso, perché potresti non avere i risultati sperati. Una preparazione iniziale è rigorosamente necessaria, con lo studio del posto in cui si andrà a fotografare (anche da satellite se necessario), del percorso di andata e ritorno per raggiungere lo “spot” fotografico, delle condizioni meteo da tenere sotto controllo almeno 48 ore prima. È necessario attrezzarsi per rimanerci anche diverse ore e cosa più importante lo ‘studio della luce’. Pare banale questo ultimo punto ma la luce è fondamentale, è uno dei pilastri della fotografia. Non per nulla il termine fotografia deriva dal greco antico phôs e graphé che
significano rispettivamente luce e scrittura quindi ‘scrivere con la luce’. Ma dove effettivamente stiamo scrivendo? Su delle ombre, quindi la luce senza ombra non è tale e viceversa. Motivo per cui lo studio della luce deve comprendere anche quello delle ombre, una fotografia con troppa luce (sovraesposta) perde di dettagli, di profondità di campo e colori, la stessa cosa avviene con troppe ombre (sottoesposta). L’obiettivo dello ‘studio della luce’ è proprio quello di giungere ad una “composizione armoniosa fra luce e ombra”.
Ritieni che la fotografia di paesaggio sia cambiata negli ultimi anni?
Credo proprio di si. Con l’avvento del digitale e con macchine fotografiche dai sensori sempre più performanti si è arrivati a fare fotografie con una ampiezza di gamma dinamica che prima era impensabile da ottenere. Così come la creazione sempre più affannosa di software per la postproduzione digitale che consente al fotografo infinite regolazioni. Sull’utilizzo dei so1ware ci sarebbe da dire parecchio, perché sempre più spesso si vedono fotografie al limite della fantascienza a causa di eccessive elaborazioni. Anche in questo caso, serve un giusto equilibrio. Come spesso sottolineo a tutti coloro che mi affiancano nelle escursioni fotografiche, la postproduzione serve principalmente per fare delle semplici regolazioni e non per correggere degli errori in fase di scatto. Questi ultimi li puoi eliminare semplicemente studiando tutta la fase preliminare, come detto precedentemente.
Siamo bombardati da immagini e da fotografie. Che differenza c’è tra fotografia e immagine?
Seppur siano molto simili nascondono differenti significati. L’immagine è una espressione generica che indica qualcosa rappresentata solo visivamente, nel caso della fotografia parliamo di immagini digitali che spesso osserviamo sullo schermo dei cellulari o sul monitor di un computer. La fotografia invece è il risultato (immagine statica) dell’impressione prodotta da un fenomeno luminoso su un supporto fotosensibile a registrazione permanente. Questo avviene nella fotografia analogica dove la pellicola impressionata diventa oggettivamente una foto, nell’attuale era digitale la fotografia diventa tale quando viene fisicamente stampata. Pertanto tutto quello che vediamo
sul web non essendo fotografie fisiche materiali rimangono immagini digitali.
Quale pensi sia l’evoluzione della fotografia in genere e della tua fotografia?
La fotografia è un processo in continua crescita, con l’avvento del digitale ci siamo trovati ad un bombardamento di immagini digitali grazie alle macchine fotografiche presenti ovunque ma anche agli attuali smartphone con sensori sempre più sofisticati. Saranno proprio quest’ultimi secondo il mio punto di vista a sostituire le attuali macchine fotografiche e la mia fotografia si adatterà all’evoluzione.
Giovanni Gastel ha detto che una delle funzioni del fotografo non è rispecchiare il reale, che già esiste, ma è alludere al reale per crearne uno parallelo. Come ti collochi rispetto a questa descrizione?
Concordo con il suo pensiero, perché nel momento in cui andiamo a scattare fotografie, quando sentiamo il “click” in cui si preme il pulsante, in quel preciso momento andiamo a catturare un istante che noi stiamo osservando (la realtà) e che poi andiamo ad interpretare con una nostra visione della realtà. La fotografia non deve essere “solo” una immagine, ma deve raccontare qualcosa, nel caso della fotografia paesaggistica l’osservatore deve percepire le sensazioni che ho provato io durante lo scatto di un’alba o di un tramonto infuocato.
Tanti premi, tante copertine, tanta visibilità social. Quale sarà il prossimo passo? Hai pensato ad un libro, ad una mostra, ad un’esposizione?
Al momento ho pensato ad un libro fotografico con i migliori scatti, seguiti da un racconto per ognuna di essi, perché ad ogni mio scatto c’è sempre una storia da riportare. E poi chissà, magari anche una mostra.
Qual è la prossima foto che hai in mente di realizzare?
Le aurore boreali o l’eruzione di un vulcano, sono al momento i miei obiettivi da fotografare, attendo solo il momento giusto per farlo.
Preferisci guardare il mondo con i tuoi occhi o attraverso l’obiettivo della tua macchina fotografica?
Senza dubbio con la macchina fotografica, perché con essa si ha la magia di fermare il tempo, poter raccontare una storia, armonizzare più elementi e livelli in un’inquadratura giocando con la profondità di campo, ma soprattutto
sottrarre allo scorrere del tempo gli istanti più importanti della vita.
Piero Meli
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