Partiti da Bari, i due fratelli hanno aperto la quinta gelateria nella città che non dorme mai, ma non si vogliono fermare e puntano a realizzare un ambizioso programma di nuove aperture.
Dal piccolo locale di fronte al Castello Svevo di Bari all’invasione di New York: i fratelli Francesco e Fabio Cataldo nel 2024 hanno aperto la quinta gelateria Gentile nella città che non dorme mai. Partiti da Williamsburg (Brooklyn) nel 2014 e dopo non pochi problemi, oggi hanno anche quattro punti vendita a Manhattan (West Village, Nolita, Upper West Side e University Place). E non finisce qui.
Come è nata l’avventura americana?
La voglia di aprire a New York nasce dalla volontà, mia e di mio fratello Fabio, di esportare il gelato artigianale italiano. Il nostro lavoro fuori dall’azienda, in giro per aziende e fiere, ci ha fatto vivere il nostro settore a 360 gradi e siamo sempre stati convinti che il gelato italiano avesse un grande potenziale di sviluppo al di fuori del Paese. Per puro caso un nostro conoscente nel 2012 ci propose di replicare il nostro format di gelateria, quella di Bari, a Shanghai in Cina. Abbiamo fatto un viaggio esplorativo e lì abbiamo organizzato un evento in cui dimostravamo come fare il gelato. Alla fine della dimostrazione uno dei presenti ci propose un piano di aperture di punti vendita a nostro marchio a Shanghai. Abbiamo ringraziato, siamo tornati a casa e abbiamo valutato la proposta. Era il segno che le nostre idee erano giuste.
Come andò a finire?
Dopo ulteriori valutazioni decidemmo di lasciar perdere il mercato cinese perché a nostro avviso non era ancora pronto per il gelato. Qualche tempo dopo, un mio amico che amava gli Stati Uniti e c’era stato per motivi di studio, mi propose di aprire a New York. Abbiamo iniziato a studiare la città, a fare i primi viaggi esplorativi, fino all’apertura. Io, mio fratello e i due amici che si erano fatti avanti.
Che difficoltà avete incontrato?
Quando si opera in un contesto nuovo si può andare incontro a cattive sorprese. Ed è capitato. Ci ritrovammo a firmare un contratto che alla fine si rivelò molto svantaggioso. Dopo soli 10 mesi ricevemmo uno sfratto: entro 60 giorni dovevamo abbandonare il locale di Williamsburg. In quel momento, a due anni dall’inizio del sogno, abbiamo dovuto smantellare tutto e andare via. È stata una situazione abbastanza scioccante. Ma come si dice: si chiude una porta, si apre un portone.
In che senso?
Dopo un anno e mezzo abbiamo riaperto, cambiando compagine societaria perché i due amici si fecero da parte. Un altro amico, ristoratore italiano a New York, ci spronò a non mollare e a credere nel progetto. Nel 2017 siamo ripartiti, con lui come nuovo socio. Sempre a Williamsburg.
Come è andato il secondo capitolo?
Benissimo. La gente apprezzava il prodotto, le testate giornalistiche e locali ci hanno dato spazio. E così abbiamo pianificato una serie di aperture, inizialmente su New York, poi magari guarderemo anche agli altri Stati.
Perché avete puntato su Brooklyn, piuttosto che su Manhattan?
Perché la città di Brooklyn era una valida alternativa a Manhattan, e in quel periodo il quartiere di Williamsburg iniziava ad andare di moda: da industriale diventava residenziale ma conservando un’anima artistica e una realtà che assomigliava un po’ di più alla nostra.
La seconda gelateria l’avete aperta a Manhattan in pieno Covid, luglio 2020.
Si, ed è stato un successo fin dal primo giorno. Così approfittammo della situazione: c’erano molti locali che chiudevano e immobili che si liberavano. Con grande coraggio, nel giro di sei mesi firmammo due nuovi contratti di locazione, e ad ottobre e dicembre 2022 aprimmo il terzo ed il quarto punto vendita a Manhattan. Dunque oggi abbiamo una forte presenza sul territorio.
Che differenza c’è con il mercato italiano?
In Italia devi lavorare per 1000 per raccogliere 100. Qui a New York la gente accetta le novità, è curiosa di conoscerle e provarle ed è pronta a riconoscerti, a gratificarti se il prodotto è buono. Molto spesso chi compra il gelato dopo qualche minuto rientra in gelateria per farci i complimenti, chiedere da dove vengono i prodotti che usiamo e perché il gelato è cosi buono.
Progetti per il futuro?
Vogliamo arrivare a 10-12 gelaterie nello Stato di New York, poi fermarci per valutare l’espansione in altri Stati o in altre aree del mondo pronte ad accogliere il gelato artigianale italiano. In fin dei conti dicono che New York sia il mercato più difficile e competitivo al mondo, ma se riesci lì puoi aprire ovunque. E questo proveremo a fare.
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