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MARTINO RUGGIERI – Sognando la terza stella

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martino ruggieri cover

Il martinese è l’unico cuoco pugliese ad avere le due stelle Michelin.
Nella sua Maison, a Parigi, piatti raffinati, salse strepitose e abbinamenti audaci. «Ma siamo e dobbiamo rimanere un ristorante di quartiere»

L’UNICO CHEF PUGLIESE CON DUE STELLE MICHELIN NON LAVORA IN PUGLIA MA A PARIGI.

Si chiama Martino Ruggieri, è di Martina Franca ed ha 37 anni. L’anno scorso, a sei mesi dell’apertura della sua Maison Ruggieri, è arrivato la prima stella. Quest’anno ha raddoppiato. Sorprendendo tutti. Perché il suo non è un ristorante di una grande struttura alberghiera, come d’uso nella capitale francese, o un bel ristorante di quelli che ti danno al sensazione di dover pagare anche solo per guardarli. «Siamo e restiamo un ristorante di quartiere», dice lo chef pugliese giramondo che ha lavorato anche a Roma, sul Lago di Garda e in Australia.

Quando e perché è andato via da casa?

A 14 anni, vedevo mio fratello più grande che faceva il cuoco e girava il mondo. Volevo emularlo, sentivo il desiderio di viaggiare. Così l’ho raggiunto in Germania e dopo un anno ho seguito la mia strada.

martino ruggieri

Famiglia di ristoratori?

Tutt’altro: mamma sarta, papà fornaio.

Come sei arrivato a realizzare il sogno di un ristorante tutto tuo a Parigi?

Non è stato facile, ma dopo 8 anni al Pavillon Ledoyen con Yannick Alleno, ristorante con tre stelle Michelin, sentivo il bisogno di provarci. E così, il 5 ottobre 2022, abbiamo inaugurato Maison Ruggieri.

Perché a Parigi?

Avevo deciso di restare qui, mi sembrava la cosa più logica, anche perché avevo già i miei clienti.

Quanto ha investito?

Tanti soldi.

Quanti siete?

Siamo in 15, e facciamo circa 20 coperti a servizio.

Quanto si paga nella sua Maison?

Si arriva a 350 euro. Spero non mi insultino per questo…

piatto

Perché dovrebbero: grandi cucine, grandi costi. Mi ha colpito la sua frase rilasciata in una intervista a Barbara Politi per la Gazzetta del Mezzogiorno: «Siamo un piccolo ristorante di quartiere». Lo siete ancora, anche con le due stelle?

Si, dobbiamo restarlo, più che altro perché non siamo in una struttura lussuosa, il mio è un ristorante piccolino, in un palazzo non così importante.

Come descriverebbe la sua cucina?

Piena di contrasti, originale, molto identitaria e riconoscibile.
Ciò che mangi qui lo mangi solo da noi. Poche cose. L’essenziale. L’estetica resta in secondo piano. Non facciamo piatti instagrammabili. E non sono un cuoco da tv, dove ho fatto pochissime apparizioni.

Secondo la Michelin i suoi sono “piatti raffinati e squisiti, abbinati a salse strepitose, con abbinamenti talvolta audaci”. Quali sarebbero queste salse strepitose?

Uso salse a lunga fermentazione, aceti che invecchiamo per anni, per esempio facciamo l’ostrica col caviale con una salsa di soia che ho fatto 5 anni fa.

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E gli abbinamenti audaci?

Mi piace mischiare terra e mare, l’agnello con il caviale, una rapa rossa con un vino ossidato francese, ricci di mare e ginepro…

 

Che tipo di clientela ha?

Più che altro parigina. Pochi turisti.

Ora che succede: sogna la terza stella?

È il tempo delle grandi decisioni, per prendere la terza stelle ci vogliono altri tipi di investimenti. Si aprono grandi scenari e bisogna fare le scelte giuste.

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