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L’abito tailor made orgogliosamente pugliese

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leonida ferrarese cover. Bottega Dalmut

In soli nove anni Bottega Dalmut, grazie all’intraprendenza e al perfezionismo del giovane imprenditore brindisino, si è ritagliata un mercato importante a Dubai, Londra e Milano. E ora punta ad aprire un flagship store in ognuna delle tre città.

Leonida Ferrarese, 36 anni, avrebbe potuto benissimo fare una vita comoda e agiata lavorando nell’azienda di famiglia, la Prefabbricati Pugliesi, ma ha scelto di seguire la sua passione per gli abiti sartoriali e oggi, a nove anni dall’apertura della sua Bottega Dalmut a Francavilla Fontana, si ritrova a capo di un’azienda che ha una quarantina di dipendenti e dovrebbero chiudere il 2024 con un fatturato di circa tre milioni di euro. I suoi abiti finiscono soprattutto a Dubai, ma anche a Londra e Milano. Una storia che merita di essere raccontata dal principio. Perché oltre ad essere bella, ha molto da insegnare.

Come nasce la fissazione per gli abiti su misura?

Da quando ero piccolo vedevo gli imprenditori di successo indossare abiti sartoriali e immaginavo anche io, un giorno, di essere così elegante. Era un punto di arrivo. ma non certo quello che avevo immaginato nel mio futuro.

E invece?

Dopo il master a New York iniziai a lavorare a Milano in un’azienda che fu poi acquisita da Enel, così decisi di regalarmi il mio primo abito su misura. Andai da una sarto di Francavilla Fontana, ma quando indossai l’abito mi resi conto che il risultato era lontanissimo da quello che avevo in mente, sembravo un novantenne. Provai altrove ma nulla, mi facevano ribrezzo. Non mi stavano bene e non davano enfasi al mio corpo. Alla fine comprai due giacche pronte e rinunciai.

Per poco tempo.

Si, perché a Milano restai solo un anno: quel lavoro non mi dava gioia, così decisi di tornare in Puglia, iniziai a lavorare nell’azienda di famiglia, ma sentito l’esigenza di fare qualcosa di mio e che mi piacesse davvero. Così un giorno tornai dal primo sarto, gli dissi quali erano le caratteristiche che volevo, facemmo nove prove e alla fine gli proposi di lavorare con me.

E come la prese?

Disse che in 70 anni aveva ricevuto tante proposte e aveva sempre detto di no, ma aggiunse che in me vedeva qualcosa di diverso e accettò. Aprimmo a dicembre 2015 col nome Bottega Dalmut, dove Dalmut è l’acronimo dei nomi più importanti della mia famiglia. Dopo meno di un anno iniziammo a lavorare a Milano, poi Londra, Parigi, e New York.

Come si è fatto conoscere?

I social sono stati importanti, ma il passaparola è stato ed è fondamentale: 6 appuntamenti su 10 sono frutto del cosiddetto “word of mouth”. Fin dal primo giorno in trasferta, mi muovevo già con gli appuntamenti, non sono mai andato allo sbaraglio. Anche con Lapo Elkann…

Come è entrato in contatto con lui?

Sapevo che aveva fatto apprezzamenti all’abito di un mio cliente, gli scrissi su Instagram che sarebbe stato un sogno per me fargli un abito su misura, lui rispose e ci incontrammo. Gli regalai due abiti e ne comprò altri cinque. Era il 2016, fu un episodio importante e non appena si diffuse la notizia iniziarono ad arrivare tante richieste da Milano e dalla Puglia. Dopo sei mesi feci la mia prima esperienza a Londra. Dovevo vestire un ragazzo italiano che viveva a Londra da quando era piccolo, si doveva sposare, voleva l’abito anche il padre che però viveva a Dubai. Gli dissi che non c’erano problemi, e da lì si è aperto il nostro mercato più importante.

Bottega Dalmut

Bravura e fortuna spesso vanno a braccetto.

La fortuna arriva solo a chi non sta fermo. Se resti a letto a dormire non arriva. Ci vogliono delle occasioni per far si che arrivi.

Quanto è diventata importante Dubai?

Ad oggi conta il 65% del nostro fatturato.

Come se lo spiega?

Lo stile di vita nelle città è importante e influenza il mio business. Il miliardario di Londra e di Milano va in giro con la tuta nera e l’Apple Watch, quello di Dubai gira in Bugatti, elegantissimo, con l’orologio costoso al polso. Perché lì non temono rapine o altro. La sicurezza è importante.

bottega Dalmut

La città in cui si trasferirebbe domani?

Dubai mi piace molto. Quando sono lì faccio 10-11 appuntamenti al giorno. A fine giornata sono stremato ma compiaciuto. A Milano riesco a fare 6-7 appuntamenti, a Londra 4-5.

Quando ha avuto il boom?

La crescita è stata costante e uniforme, graduale. Perché siamo stati dei perfezionisti e perché abbiamo coltivato e coccolato nel tempo i nostri clienti. Il boom non c’è ancora, arriverà quando apriremo a Milano, Londra, Dubai.

Quando aprirete?

Ci stiamo già lavorando, ma non è facile, proprio perché sono un perfezionista. Cerco location che mi colpiscano davvero e nelle quali posso accogliere i miei clienti nel migliore dei modi.

Il suo cliente tipo?

Non c’è una fascia di età. È difficile individuare anche la tipologia di persona. Sicuramente è qualcuno che non vuole accontentarsi, gli piacciono i dettagli e non vuole confondersi con la massa. Non ho clienti che indossano magliette con il logo famoso. Vogliono distinguersi ma senza essere troppo stravaganti. Cercano tessuti super top ma senza che questi vengano “gridati”.

Che prezzo hanno i suoi capi?

Partono dai 3000 euro, se poi usi il tessuto Vicuña arriviamo anche a qualche decina di migliaia di euro.

bottega Dalmut

Il capo più costoso che ha venduto?

Un cappotto di Vicuña con bottoni in oro e fodere in seta personalizzata: 40.000 euro. Ma non pensi che fosse qualcosa di appariscente. Era un capo eterno, questo si.

Dove vuole arrivare?

Intanto tra marzo e aprile apriremo il nuovo negozio, a poca distanza da quello attuale ma in un palazzo storico molto più elegante, che mi consentirà di invitare anche i miei clienti esteri. Farò visitare loro la sartoria, che è proprio di fronte al negozio, così potranno fare più prove in pochi giorni. Magari soggiornando nel boutique resort di famiglia…

E il suo sogno?

Sogno di far diventare Bottega Dalmut un punto di riferimento mondiale dell’abito sartoriale. Sogno un uomo che vuole di indossare un abito Bottega Dalmut così come una donna sogna una borsa Kelly di Hermès.

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