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Gloria Schito: la nuvola bionda

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gloria schito

Gloria Schito, laureata in Ingegneria informatica, l’influencer e content creator salentina spopola su Instagram e TikTok: «Le nuove generazioni sapranno capire la professionalità e il peso del nostro lavoro»

Se nell’era dell’apparenza essere belle è già garanzia di successo, Gloria Schito /@glojoined spiazza e asfalta qualsiasi preconcetto o stereotipo dell’interlocutore ignorante che non si aspetta di trovarla così intelligente e brillante, come in realtà è. Nuvola bionda, perché vola alto e non perché leggera, da 286mila followers su Instagram e 924mila su TikTok, è diventata in breve tempo, passando dalle librerie di tutta Italia con ‘’A far la moda comincia tu’’ ultimo successo edito da De Agostini, scintillante esempio, orgogliosamente Made in Puglia, della sacra e profana arte di reinventarsi influencer.

«Ciò che facciamo noi oggi è aver sostituito quella che era la pubblicità dei tempo d’oro della TV. Se prima passavamo ore a guardare programmi televisivi, adesso passiamo ore sui social e quindi di conseguenza la pubblicità è cambiata, com’è cambiato anche il mezzo di intrattenimento». Afferma coinvolgendoti con i grandi occhi azzurri, mentre sfata i miti legati al suo mestiere sempre in evoluzione e dona uno sguardo intimo sulla donna e sulla professionista oltre lo schermo. Una prospettiva che nessuno, scrollando il suo feed, potrà mai vedere. Nella preistoria erano fashion blogger. Ora influencer e content creator.

Quanta disinformazione aleggia su questa professione? Com’è recepita dall’interno e come, secondo lei, dall’esterno?

Bisogna prima tracciare una sostanziale differenza: l’influencer è immagine mentre il content creator, di moderna invenzione, è anche creazione. L’influencer deve interfacciarci con professionisti come fotografi e videomaker mentre il content creator è self-made. Crea da solo i propri contenuti. Nel mio caso racchiudo entrambe le professioni. Questo significa che bisogna possedere competenze poliedriche: dal marketing alla gestione dell’immagine e della community fino allo storytelling e competenze di fotografia e di editing. La fashion blogger era invece, chi, nei primi del duemila, scriveva su un blog, un sito che ruotava interamente attorno a lei. Dall’esterno questo mestiere non è recepito come un vero lavoro. Purtroppo la disinformazione domina, ci sono tantissimi taboo nonostante siamo lavoratori in regola a tutti gli effetti. E poi gli utenti sono spesso deviati da figure controverse e personaggi trash che travisano la professione o la sminuiscono qualitativamente. Dall’interno è tosta. Bisogna essere sempre performanti e ovviamente full time, sotto costante pressione psicologica dovuta al fattore dell’esposizione mediatica. La maggiore difficoltà sta nel mantenere gli standard raggiunti, perennemente misurati da metriche e parametri numerici. Si diventa schiavi dei numeri. Ma è il nostro lavoro.

gloria schito

Com’è essere influencer nel Meridione?

Io sono originaria di Racale, un paese piccolo. E ne sono orgogliosa. Non mi sono mai voluta allontanare da questa dimensione per due fattori: il primo banalmente, i miei affetti. Il secondo perché, quando ho iniziato, in maniera sognante, volevo creare qualcosa proprio qui, dove di solito cresce poco o nulla. Volevo che il mondo social fosse presente anche al Sud. Anche se è molto difficile quotidianamente. Come ho già detto non viene considerato un vero lavoro al Nord figurarsi qui. Ma va bene, è un mestiere nuovo ed è normale che ci sia un periodo di assestamento. Sono molto fiduciosa nelle nuove generazioni. Sapranno inquadrarlo e capirne la professionalità e il peso.

Anni fa, una foto storica sancì un passaggio di testimone nella narrazione di moda: Anna Wintour, la potentissima direttrice di Vogue America fu ritratta infastidita accanto ad un gruppo di influencer seduti in prima fila ad una sfilata. È ancora giornalisti contro influencer?

Mi sembra sia sotto gli occhi di tutti che purtroppo i giornalisti di moda non hanno capito come adattare la loro professione ai tempi moderni. Questa è una cosa in cui noi influencer siamo maestri: sapersi adattare ai cambiamenti dei mezzi della comunicazione. Però alcuni giornalisti lo fanno e si espongono al posto che criticare o cullarsi sugli allori. Conosco colleghe che nascono come giornaliste e si vede. Seguo con molta attenzione profili che trattano di critica di moda come Andrea Batilla e ne sono affascinata. Sono mestieri che raccontano la moda da due prospettive diverse. Non vedo il contrasto. Non parliamo la stessa lingua. Io racconto la mia vita e mi occupo di pubblicità, non di critica. Non ne ho le competenze. Se la professione giornalistica si modernizzasse, ci sarebbe comunque pubblico per tutti. Soprattutto sui social,
oltre la carta stampata.

Dall’inclusione dei corpi al metaverso fino alla sostenibilità. Sono alcune delle tematiche che Gloria Schito tratta sui social. Ma alcune battaglie risultano più difficili da combattere rispetto ad altre o sbaglio?

Con il metaverso almeno cerco di usare la mia laurea di ingegnere informatico, ma la battaglia sicuramente più dura è essere 100% green. È ancora molto difficile nonostante siamo nel 2023 ma ci provo. A volte uso fast-fashion, in passato ho usato anche Shein. Ho sbagliato, è umano. Ma preferisco essere limpida, ammettere i miei errori e sforzarmi di esserlo per quanto possibile. Rimane però un tema delicato perché è molto complicato anche per gli stessi brand. Non solo per i materiali ma anche per i costi elevati. Il mio mantra è: fare il possibile. Greenwashing mai.

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Nell’incertezza del futuro dei social dove andrà questo mestiere?

Gli influencer e i content creator già proiettati verso il futuro diventano imprenditori o comunque cercano sempre di convertire la propria community e di dissociarsi dai social. Si punta a diversificare e a scalare il business. Siamo arrivati ad un momento in cui il mercato è saturo. E quando si raggiunge la saturazione avviene il cambiamento. Forse il cambiamento avrà il volto di un nuovo social, chissà. Nessuno si aspettava l’ascesa di TikTok. Bisogna essere
sempre pronti.

di Luca Caputo

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