Una storia di famiglia e innovazione, avviata da Peppino Montanaro e oggi portata avanti dai figli Filippo, Donato e Ilaria. Sullo sfondo i successi del Gruppo Kikau e la voglia di valorizzare un territorio, quello tra Massafra e Crispiano, in cui hanno scelto di restare.
Una sfida al futuro, con l’ottimismo di chi non ama perdersi in chiacchiere o piangersi addosso. Una terra dalla quale cogliere frutti e opportunità ma in cui servono gli occhi giusti per vedere il bello. Amastuola è tutto questo. Un concept più che un marchio di qualità che nel 2024 ha incrementato di oltre il 26% il proprio export di vino e che punta ad affermare sempre più la propria presenza nei mercati esteri.
Una sfida quella dei fratelli Ilaria, Donato e Filippo Montanaro che raccoglie il testimone di papà Peppino e che parte da Massafra e arriva dall’altra parte del mondo. Mentre il loro prodotto, rigorosamente biologico e frutto delle proprie vigne, è già sui tavoli di ristoranti più prestigiosi, la masseria continua a crescere e ad accogliere ospiti da tutto il mondo. Un wine resort che conta diciotto stanze, di cui tre suite, immerse tra i filari e le colline nell’entroterra ionico. Un luogo in cui storia e ospitalità si mescolano, esattamente come il vino. Una crescita che continua ad arricchirsi di nuovi progetti a partire dalla realizzazione di sei nuove suite, recuperando l’antico ovile della masseria, ed ai nuovi investimenti previsti per rendere la cantina sempre più tecnologica.
Il coraggio di guardare lontano
Il vino, la masseria, il successo di una scelta votata al biologico, sono solo l’ultima tappa di un percorso imprenditoriale che inizia negli anni ’60. «Nostro padre è nato in una famiglia di agricoltori», racconta Filippo Montanaro, oggi amministratore dell’azienda di famiglia, «Avevano un terreno in zona Patemisco a Massafra, assegnato dall’Ente Riforma con l’intento di sviluppare l’agricoltura. Coltivavano agrumi e ortaggi. Non garantiva però reddito a sufficienza per una famiglia che contava cinque figli. È per questo che imparò a fare il fabbro». Una professione che Peppino trasformò ben presto in impresa. «Aprì prima una sua officina poi decise di credere nel potenziale della verniciatura in polvere dell’alluminio». La prima di una lunga serie di scelte vincenti. «Nasce così Mec Motor», spiega sempre Filippo. «Poi arrivò Kikau Persiane che oggi conta più di venti brevetti ed è leader nel settore degli oscuranti in alluminio». È dopo questi straordinari successi che la famiglia Montanaro ha deciso di tornare alla terra portando con se non solo l’esperienza ma anche un approccio che mette al primo posto la qualità e l’applicazione delle migliori tecnologie. «Nel 2002 acquistiamo la masseria che era abbandonata da più di sessant’anni», racconta Filippo. «Dal 2006 al 2007 è stato realizzato il vigneto. Nel 2010 c’è stata la prima vendemmia e nel 2011 la prima partecipazione al Vinitaly». Sin dal primo istante è stata ferma la volontà di creare qualcosa di unico ed esclusivo. «I filari riproducono la forma di un’onda e trasformano in realtà un progetto di Fernando Caruncho, architetto e paesaggista di fama internazionale. Rappresentano la forza del cambiamento. Volevamo creare qualcosa di unico, il punto d’incontro tra un giardino e l’agricoltura». Un’opera visionaria che ha saputo valorizzare anche i 1.500 ulivi presenti nell’area. «Oramai improduttivi avremmo potuto estirparli e venderli come legna da ardere», racconta. «Li abbiamo spostati e trapiantati creando diverse isole all’interno del vigneto dove realizziamo eventi esclusivi, valorizzandoli al meglio».
I vigneti hi-tech che sfidano il futuro
Il rispetto per la terra è da subito posto al centro della produzione. «Fin dal principio abbiamo puntato sul biologico pur sapendo che sarebbe stato un percorso difficile. Per anni la nostra terra è stata un laboratorio per università italiane e straniere. Oggi possiamo dire di essere in grado con la tecnologia di intervenire in maniera preventiva contro i parassiti che attaccano le piante utilizzando solo zolfo e rame, gli unici elementi coerenti con una coltura biologica». Dal 2008, grazie a un progetto dell’università di Piacenza, abbiamo prima sperimentato e successivamente implementato un DSS (Decision Support System), percorrendo sostanzialmente i primi passi verso l’attuale “AI”.
«Grazie a questo complesso sistema automatico gestito da un software e da diversi sensori installati lungo il vigneto, misuriamo la quantità di pioggia, la temperatura, l’umidità e il vento; questi dati confluiscono in un database. Il software elabora tutti i dati raccolti e restituisce le indicazioni di salubrità del vigneto riuscendo a prevedere eventuali malattie ed attacchi parassitari. Grazie all’utilizzo mirato degli interventi con modalità “a rateo variabile” e l’utilizzo di sistemi di irrigazione automatizzati in funzione della varietà dell’uva, della fase fenologica e delle condizioni meteo, riusciamo a ridurre del 30% l’utilizzo dei trattamenti approvati dall’UE e a limitare il consumo di acqua ed energia con il risultato di abbassare il “carbon footprint” di Amastuola».
«Amastuola è un’azienda a filera corta», spiega Montanaro. «da un lato ci assumiamo direttamente il rischio di ogni fase: dalla coltivazione biologica dell’uva, alla trasformazione, fino all’imbottigliamento; dall’altro, questo ci consente di garantire personalmente la qualità dei nostri vini, perché ne siamo protagonisti in ogni passaggio». La prossima sfida sarà quella di potenziare la cantina al fine di renderla 4.0. «Puntiamo con la tecnologia di migliorare ulteriormente la logistica, la produzione, la tracciabilità e il monitoraggio del prodotto, contenendo anche i rischi che possano intaccare i nostri standard».
I nuovi mercati: la frontiera asiatica e le potenzialità della Russia
La grande crescita dell’export del vino Amastuola nel 2024 è frutto di strategie mirate, di un coordinato lavoro di squadra e di un’attenta programmazione. Oggi è possibile trovare i nostri vini in Giappone, in Cina, in Canada, negli Stati Uniti e quasi ovunque in Europa. I paesi del Nord Europa restano tra i principali acquirenti anche per la propensione ad apprezzare i prodotti biologici e di alta qualità. Guardando oltreoceano, i dazi promessi dall’amministrazione Trump rappresentano la nuvola più scura per l’export italiano. In questi ultimi anni la politica commerciale di Amastuola ha puntato su un’importante diversificazione di prodotti e mercati. Le strategie messe in campo dal direttore commerciale Giuseppe Sportelli e dall’export manager Francesca Mancarella, permettono di guardare con ottimismo anche al 2025. «Il nostro è un prodotto che necessita di un mercato maturo per essere apprezzato», spiega Mancarella. «I prossimi mercati più pronti sono sicuramente il Brasile e la Cina con cui già abbiamo avviato attività commerciali. Il paese asiatico è particolarmente interessante grazie alla crescita della classe media registrata negli ultimi anni. Siamo pronti a puntare con forza anche sulla Russia, certi che quando finirà la guerra tornerà ad essere un mercato molto interessante per i prodotti italiani. Anche in altri paesi dell’Est Europa abbiamo in corso importanti accordi commerciali, come la Lituania e la Bulgaria. Numeri che ci fanno essere particolarmente fiduciosi per il futuro», conclude Mancarella.
Il wine resort
Il vino è sempre più centrale nell’attività imprenditoriale della famiglia Montanaro visti gli straordinari risultati e l’apprezzamento in tutto il mondo. Una produzione che però si alimenta anche attraverso il successo dell’attività ricettiva. «Amastuola è tutte e tre queste cose: il vino, i vigneti e l’accoglienza ricettiva», spiega Filippo. «Le tre attività devono camminare insieme per rafforzarsi a vicenda. Ci sono periodi in cui una va meglio delle altre e fa da traino. Dico di più: se venisse meno una non ci sarebbero le altre». È anche per questo che la prossima sfida è quella di aumentare le suite per gli ospiti. «Con il recupero di quello che una volta era un ovile puntiamo ad ampliare la capacità ricettiva della masseria con l’aggiunta di un piccolo borgo autentico. Uno scrigno in cui raccontare la storia di questa terra e vivere una esperienza unica». Amastuola, d’altronde, sorge su una collina in cui sono registrate presenze indigene e magno greche che affondano la radici nei secoli. «Questa terra era un presidio strategico perché 220 metri sopra il livello del mare», spiega Montanaro.
A conferma dell’importanza storica del sito, l’università di Amsterdam ha svolto scavi per quattro anni, facendo riaffiorare anche una storia di grande accoglienza. «Qui convivevano le popolazioni indigene e magno greche. Non ci fu conflittualità dopo lo sbarco di questi ultimi sulla costa ionica. Approdarono prima a Saturo, in località Leporano, per poi addentrarsi nell’entroterra portando nuove tecnologie e competenze agricole. Una integrazione di cui ha beneficiato anche la gente del posto».
Tre figli e la scelta di tornare
La storia di Amastuola e della famiglia Montanaro è anche una grande metafora di un Mezzogiorno innamorato delle proprie radici. Tutti e tre i figli di Peppino e Rosaria hanno studiato e si sono formati lontano dalla Puglia ma nessuno di loro ha mai pensato di non tornare per scrivere un pezzo di questa straordinaria avventura. Una scelta chiara già al momento della scelta dei rispettivi percorsi formativi. «Io ho studiato Economia del Turismo a Perugia, Donato Ingegneria a Milano e Ilaria Economia in Bocconi», racconta Filippo Montanaro. «Abbiamo avuto la fortuna di crescere in una famiglia sempre aperta all’innovazione ed al cambiamento, cercando di realizzare i sogni superando ogni ostacolo, utilizzando le chiavi della bellezza e dell’etica imprenditoriale».
Words Gianluca Coviello
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