Francesco Del Grosso ha incontrato l’attrice locorotondese Angela Curri, che è tra le protagoniste del nuovo film di Rocco Papaleo
Giovane promessa del cinema italiano, classe 1993, nasce e cresce a Locorotondo per poi trasferirsi a Roma per studiare recitazione. Da lì decolla una carriera divisa tra cinema, televisione, teatro e videoclip, che la porta su set e più di recente sulle tavole di palcoscenici importanti. Lei è Angela Curri, il cui grande talento e l’estrema versatilità hanno trovato un’altra vetrina in “Scordato”, la nuova pellicola scritta, diretta e interpretata da Rocco Papaleo, la cui uscita nelle sale prevista per il 13 aprile è stata preceduta dalla presentazione in anteprima mondiale come film d’apertura della sezione competitiva “ItaliaFilmFest” alla 14esima edizione del Bif&st.
Qui veste i panni di Rosanna, la sorella maggiore del protagonista, con il quale negli anni Ottanta aveva avuto un rapporto simbiotico e che ritrova quando
un’affascinante fisioterapista, che gli diagnostica una contrattura “emotiva”, spinge l’uomo a mettersi in viaggio per rivivere quasi come uno spettatore gli eventi della sua vita che lo hanno reso la persona solitaria e “contratta” che è oggi. Un personaggio, il suo, molto forte e che la stessa attrice pugliese ama definire “una bomba a orologeria e una mina vagante”.
L’abbiamo incontrata a pochi giorni dall’uscita del film, cogliendo l’occasione per parlare di lei, del suo essere attrice e del percorso artistico sin qui affrontato.
Quando ha sentito per la prima volta il richiamo della recitazione?
Avevo dieci anni quando ho preso parte alle selezioni dello Zecchino d’oro, che tramite una serie di link mi hanno portato poi sino al provino di quello che sarebbe stato il mio esordio al cinema con “Nel mio amore” di Susanna Tamaro, al quale sono seguite altre partecipazioni in progetti per il piccolo e grande schermo. All’epoca vivevo nel mio paese di origine, a Locorotondo in Puglia, un comune alle porte di Bari in una Regione dove quando ero adolescente mi capitava spesso di imbattermi nelle riprese di qualche film o serie televisiva. Ho iniziato dunque a respirare quell’aria già da piccolissima e in generale sono sempre stata un po’ sopra le nuvole, mi sono sempre sentita un po’ fuori posto nella vita, esattamente il contrario di quando sono su un set, dove ho come la sensazione di trovarmi veramente a casa.
C’è stato un momento in cui ha avuto paura che il suo sogno di fare l’attrice svanisse e quando invece pensa che quello stesso sogno sarebbe potuto diventare realtà?
Di passioni ne avevo e ne ho ancora tante, ma ieri come oggi non riesco a
vedermi in qualcos’altro che non sia l’attrice. Ogni cosa mi riporta alla recitazione, anche quando i continui vuoti e pieni del mestiere mettono tutto in discussione. Ecco perché all’età di diciannove anni ho deciso di trasferirmi a Roma per studiare recitazione e quando mi sono trovata lì lì per mollare tutto è arrivata la grande occasione con Liliana Cavani, che mi scelse nel 2014 per interpretare Sant’Agnese d’Assisi nella miniserie “Francesco”. L’idea che una regista del suo calibro mi avesse scelto per un ruolo così importante e complesso è stata una grande iniezione di fiducia per me che arrivavo da un piccolo paesino pugliese con un sogno nel bagaglio e senza nessuna certezza che sarei riuscita a diventare un’attrice. Una cosa dopo l’altra mi ha dato la certezza che stavo sulla strada giusta, poi la conferma definitiva è arrivata con “La mafia uccide solo d’estate”. Lì mi sono sentita veramente un’attrice.
Cos’è per lei la recitazione?
È conoscenza di me e dell’altro, delle storie, dei personaggi e dei temi che di volta in volta mi trovo ad affrontare. Negli anni mi sono confrontata con ruoli sempre diversi, ma accomunati da una vulnerabilità e da una “lucida follia” che sicuramente mi appartengono. Ma in generale, recitare mi ha aiutato tanto anche a crescere come persona, a trovare e a fare emergere lati di me che non sapevo di avere. Vedi ad esempio “La mafia uccide solo d’estate”, dove ho interpretato Angela, una ragazza poi diventata donna che aveva il mio stesso nome e con la quale siamo praticamente cresciute insieme nell’arco delle due stagioni della serie. È bellissimo quando nei progetti e nelle figure che incontri facendo questo mestiere trovi delle corrispondenze e dei punti in comune.
Di passioni ne avevo e ne ho ancora tante, ma ieri come oggi non riesco a vedermi in qualcos’altro
che non sia l’attrice.
Come costruisce un personaggio?
La cosa che mi ha sempre interessato è il lavoro preparatorio, quello che si fa
su e di un personaggio prima dell’inizio delle riprese di un film o di una serie, per conoscerlo più in profondità e allo stesso tempo trovare in esso qualcosa di me. Quindi creare un ponte tra me e lui, al fine di diventare una cosa sola. L’iter però cambia di volta in volta, perché non ho un percorso che seguo alla lettera, ma una cosa che faccio spesso nel periodo che precede l’inizio del set è trascorrere del tempo nei luoghi che hanno un qualche nesso o legame con il personaggio che mi è stato affidato. Faccio l’esempio di “Scordato”, dove interpreto una ragazza di Lauria e per imparare bene il dialetto ho passato alcune settimane in quelle zone, oppure prima di vestire i panni de La Fornarina in “Raffaello – Il Principe delle arti” sono andata un pomeriggio intero nel museo che ne ospita il ritratto per ammirarlo e studiarlo, così come ricordo di avere preso il treno per andare qualche giorno ad Assisi per immergermi nei luoghi che hanno fatto da cornice alla miniserie “Francesco” prima di calarmi nel personaggio di Sant’Agnese. A questo aggiungo anche tanto studio, la visione di altre opere che possano in qualche modo ispirarmi, darmi degli spunti o delle indicazioni, le stesse che possono scaturire strada facendo attraverso il confronto con il regista o con dei colleghi.
Il personaggio che l’ha messa più in difficoltà?
Quello che mi ha messo sicuramente più in difficoltà è stato quello di Angela
nella seconda stagione di “La mafia uccide solo d’estate”. Il suo è stato davvero un percorso complicatissimo da affrontare, scandito da una serie di evoluzioni che la portano dall’inizio alla fine della stagione ad attraversare cambiamenti fisici e psicologici che finiranno con il mutarla nel profondo. Nel corso della storia parte che è un’adolescente, poi vive il dramma dell’aborto al quale segue una forte depressione e una risalita che le farà oltrepassare il dolore, accompagnandola sino alla maturità. Non è stato facile nemmeno staccarsene una volta averne svestito i panni, poiché ha richiesto un grandissimo coinvolgimento emotivo da parte mia e al termine delle riprese ricordo di essermi sentita completamente svuotata. Il motivo sta nel fatto che do sempre l’anima ai personaggi che interpreto.
E quello che invece le è rimasto più appiccicato addosso?
La stessa Angela, alla quale adesso vado ad aggiungere la Rosanna di
“Scordato”, probabilmente sono i ruoli che mi sono rimasti più dentro. La
prima per i motivi che ho già indicato. La seconda perché mentre la interpretavo mi sono sentita veramente libera di “giocare” con le emozioni e
con quella “lucida follia” che in molti mi riconoscono. Si tratta in entrambi
i casi di figure femminili molto forti, delle autentiche combattenti in cerca
di riscatto, un po’ come me, che hanno lottato per diventare quello che sono.
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