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Al Bano: una vita da 10

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Il 20 maggio il cantante di Cellino San Marco festeggerà 80 anni. In questa intervista Al Bano ripercorre la sua vita, ricorda le persone che più sono state importanti, i successi e gli insuccessi, e parla dei prossimi sogni da realizzare.

Al Bano, quanti dischi ha venduto?

Ne ho venduti così tanti che non ne conosco più il numero, e sottolineo un
fattore importante: sono nato quando i dischi si facevano e si vendevano. Oggi
la vendita è solo un ricordo.

È un uomo ricco?

Di molta fantasia. Aiuta a vivere meglio.

Come trascorre le giornate quando è a casa?

Sto costruendo una nuova cantina dove conto di produrre 5 milioni di
bottiglie. Quindi in questo periodo faccio il capocantiere, l’architetto, dirigo
i lavori. La sera invece si canta in sala d’incisione.

Un altro disco?

Sì, sto facendo un lavoro davvero interessante: ho preso una canzone da ogni Paese che si affaccia sul Mediterraneo e la riproporrò in stile Al Bano. Uscirà a Natale.

Che musica ascolta?

Ultimamente sto riposando le orecchie.

Non vuole citare la concorrenza?

Ma no, perché mai…

E allora fuori i nomi.

Di certo gioisco quando sento Battisti, Celentano, Modugno, Tiziano Ferro.

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Perché lei è così amato?

Bella domanda, se hai una risposta dammela.

E perché a qualcuno sta antipatico?

Per la stessa ragione.

È felice?

Sono naturalmente pilota di tutte le mie emozioni: felicità, serenità, voglia
di fare.

Ha avuto dalla vita tutto quello che voleva?

La vita è stata così carogna che mi ha dato tutto e mi ha tolto molto.

Cosa non è riuscito a fare?

Onestamente ho fatto più di quanto mi ero ripromesso di fare. Molto di più. Non ho mai dato spazio a quel nemico chiamato ozio. Sono un moto perpetuo.

Anche a 80 anni?

Quattro volte 20, prego.

Quale decennio della sua vita ricorda con più piacere?

È stata bella anche la mia infanzia, ma me ne sono accorto dopo, quando l’avevo perduta. Ho avuto dei salti di qualità pazzeschi. Prima ero ricco di una cosa, poi di un’altra. E non mi riferisco alla ricchezza materiale, ma a quella umana, alle persone che ho conosciuto.

 

Qual è la più grande soddisfazione che ha avuto?

Deve ancora arrivare, ma già il fatto di aver avuto sei figli è stata una grande
soddisfazione, e ci aggiunga anche due donne intelligenti come compagne, e tre nipoti meravigliosi: pensi che a 4 anni parlano già quattro lingue, io a quattro anni a malapena conoscevo il dialetto pugliese.

La più grande delusione?

Preferisco parlare di cose positive. Anche se le delusioni servono a far capire quanto è bella la vita.

Ha girato il mondo, qual è il posto più bello che ha visto?

Casa mia.

Ci avrei scommesso. E poi?

Ho amato le Seychelles, ma anche il Centro e Sud America, il Giappone, la Cina, certe parti della Russia, la Spagna, la Russia, l’Australia, la Polonia: onestamente tutto il mondo è bello. C’è solo un animale pericoloso che a volte lo rovina e si chiama uomo.

Che pregi si riconosce?

Il senso della normalità, la voglia di umiltà, di lavorare e creare sempre qualcosa di bello, di vivere nella bellezza delle cose e delle persone che so scegliermi.

E quali difetti?

Non lo so, forse lavoro troppo, ma non mi pesa.

Pensa di essere una bella persona?

Sono figlio di mia madre e di mio padre che erano delle gran belle persone. E mi sento frutto di quell’albero. Non ho mai fatto del male a nessuno, nemmeno a quelli che me ne hanno fatto. Vivo cristianamente la mia esistenza e di più non pretendo.

Famigliari a parte, qual è la persona che le è sempre stata vicina?

Ho fatto tanti incontri che hanno cambiato la mia esistenza. Quando ancora lavoravo nella catena di montaggio della Innocenti mi accettarono nel clan Celentano e Detto Mariano, arrangiatore per Mina, Celentano, Battisti, mi accolse come un fratello. Fu lui a curare gli arrangiamenti dei primi due brani e da lì sono iniziati 15 anni di vita musicale insieme. Aveva un carattere straordinario. Io che venivo da una catena di montaggio mi trovai di fronte un uomo che mi trattò come se mi conoscesse da sempre. Purtroppo il maledetto Covid lo ha portato via. E poi ovviamente il grande Mogol, Maurizio Fabrizio, don Luigi Verzè.

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Di chi si fida, a chi chiede consigli?

Sono stato abituato a vivere da solo e mi sono formato vivendo da solo, leggo molto e prendo spunti. Nel mio piccolo, mi fido del mio istinto.

La sua canzone più bella?

Deve ancora arrivare.

La meno riuscita?

“Di rose e di spine” è una canzone straordinaria, la cantai a Sanremo 2017 e non ebbe successo. Lo stesso accadde per “In controluce”. Non so perché non hanno funzionato: sono misteri, così come è un mistero che “Felicità” continui ad essere così amata in tutto il mondo.

Ne cambierebbe qualcuna?

Non amo stravolgere le canzoni, perché fanno parte della storia. Le nuove versioni di “Volare” non funzionano come  l’originale. Non condivido i riarrangiamenti.

Se potesse tornare indietro, cosa non rifarebbe?

Ho apprezzato anche i miei errori, sono serviti a non commetterli di nuovo. Se non ti carichi di esperienze non sarai mai un uomo.

A chi deve dire grazie?

A Dio, a papà, alla mamma e a tutti coloro che mi hanno amato, perché del loro amore ho fatto tesoro.

Che sogni ha?

Spero di finire la cantina a maggio. E poi ne ho altri ma per scaramanzia non li dico.

Dia un voto alla sua vita.

Darei un bel voto, anche un 40. È stata una vita di grandi sacrifici e grandi soddisfazioni, vissuta cristianamente. In un periodo in cui in Italia nessuno faceva figli ne ho sfornati sei, due ogni dieci anni.

Ora si è fermato?

Beh si, mi sono fermato, ho già dato abbondantemente. Ora mi dedico ai miei nipoti straordinari.

di Fabio Mollica

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